I fantasmi e la Steadicam. Stanley Kubrick racconta Shining

I fantasmi e la Steadicam. Stanley Kubrick racconta Shining

Il romanzo di King, il Fantastico e il Soprannaturale, la natura di Tony, le forme degli spettri, la Steadicam, l’ultima foto, la stanza 237, Kafka e l’Overlook Hotel, la cupa follia di Jack… Shining raccontato da Stanley Kubrick in un’intervista di Michel Ciment (Michel Ciment, Kubrick, Rizzoli).

Nota – Ho selezionato le parti che ritenevo più interessanti, e che riguardano temi narrativi, tecniche cinematografiche e messa in scena e le ho divise in brevi capitoli.

Soprannaturale e fantasmi

In più di un’occasione Kubrick afferma di credere nel soprannaturale. Anzi, ritiene che la scienza sia vicina a dimostrare almeno alcune sue manifestazioni.

Ragione e immaginazione, più che intrecciarsi tra di loro, si alternano: la ragione ci porta entro un certo punto, al di là c’è l’immaginazione.

Mi piacciono quelle aree del fantastico ove la ragione viene usata soprattutto per minare l’incredulità. La ragione può portarvi ai confini di queste aree, ma da lì in avanti è solo la vostra immaginazione che può farvi da guida.

Shining di Stephen King e la letteratura popolare

I fantasmi e la Steadicam. Stanley Kubrick racconta Shining

Nonostante creda nel paranormale e nel soprannaturale, Kubrick decide di realizzare Shining non per questo motivo ma solo dopo avere letto il manoscritto di King.

Mi sembrò una delle più ingegnose ed emozionanti storie del genere che avessi mai letto. Pareva che contenesse un equilibrio straordinario tra l’elemento psicologico e quello soprannaturale, costruito in modo da farci pensare che il soprannaturale sarebbe stato spiegato alla fine dall’elemento psicologico: «Jack deve immaginare tutte queste cose perché è pazzo». Cioè, di sospendere ogni dubbio sul soprannaturale, fintanto che non ci si era talmente calati nella vicenda da accettarlo quasi senza farci caso […]. È solo dal momento in cui Grady, il fantasma del precedente guardiano che aveva assassinato con l’ascia la sua famiglia, permette la fuga di Jack facendo aprire il catenaccio della dispensa, che la spiegazione soprannaturale prevale.

Fin qui, l’opinione di Kubrick sul romanzo di King risulta molto positiva e sorretta da solide argomentazioni. Arriva adesso, però, una frase critica, quella che entra in modo decisivo nella narrazione sullo “scontro” tra regista e scrittore, con King che giungerà quasi a disconoscere il film di Kubrick come derivante dalla sua opera.

Il romanzo non è affatto un’opera letteraria seria, ma la trama è in massima parte estremamente ben congeniata, e questo, di solito, è ciò che conta realmente per un film.

Rileggiamo alla luce di questa ultima affermazione l’inizio della precedente citazione.

Mi sembrò una delle più ingegnose ed emozionanti storie del genere che avessi mai letto. Pareva che contenesse un equilibrio straordinario tra l’elemento psicologico e quello soprannaturale.

Ora, un’opera letteraria definita tra le più ingegnose ed emozionanti mai lette, in grado di creare un equilibrio straordinario tra elementi differenti, sarebbe naturale venisse considerata un capolavoro. Come ragiona invece Kubrick (almeno da quanto mi sembra leggendolo)? Distingue tra letteratura di genere e letteratura “alta”, o narrativa di genere e narrativa letteraria. Shining è un romanzo di genere horror, quindi “non è affatto un’opera letteraria seria”. Senza approfondire l’argomento, perché porterebbe fuori dal tema dell’articolo, vediamo perché, per Kubrick, la letteratura popolare è molto importante.

Attraverso la messa in campo di archetipi e simboli, la letteratura popolare rappresenta un mezzo per arrivare all’inconscio e ai suoi contenuti, cosa che la letteratura alta più difficilmente riesce a fare.

Ciment – Non crede che oggi in questo tipo di letteratura popolare si possano trovare solidi archetipi, immagini simboliche che in una certa misura sono scomparsi dalle opere letterarie di maggior impegno?

Sì, infatti, e ritengo che ciò contribuisca al loro successo spesso eccezionale […]. Credo che per certi versi le convenzioni della narrativa e della drammaturgia realistiche possano imporre seri limiti a una vicenda […]. È possibile che quegli stessi elementi che contribuiscono al realismo di una vicenda indeboliscano magari la sua presa sull’inconscio […]. Il racconto fantastico affronta meglio forse quei temi che riguardano soprattutto l’inconscio.

La camera 237

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In poche righe Kubrick spiega perché, nel film, quella che nel romanzo è la camera 217 diventa la camera 237.

Gli esterni vennero girati all’hotel Timberline Lodge, vicino al monte Hood, nell’Oregon. L’hotel Timberline aveva una camera 217, ma non una 237, così la direzione dell’hotel mi chiese di cambiare il numero della camera perché temeva che gli ospiti non avrebbero più voluto stare nella 217 dopo aver visto il film.

L’Overlook Hotel

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In sintesi, ecco le fasi che hanno portato alla realizzazione dell’Overlook Hotel.

Fotografie di vari hotel americani (realizzate dall’art director Roy Walker) > Selezione delle stesse per le diverse stanze > Realizzazione degli schizzi > Costruzione di modellini > Fotografie dei modellini > Messa in scena

Volevo che l’hotel apparisse autentico, anziché simile a quegli hotel tradizionalmente spettrali che si vedono al cinema. Credevo che la sistemazione labirintica e le grandi stanze dell’hotel avrebbero da sole fornito un’atmosfera abbastanza paurosa. Questo tipo realistico di approccio fu impiegato anche nell’illuminazione e in ogni aspetto della scenografia. Mi sembrava che la guida perfetta per questo tipo di approccio si potesse trovare nello stile letterario di Kafka. Anche se le sue storie sono fantastiche e allegoriche, la sua scrittura è semplice e schietta, quasi giornalistica.

I fantasmi dell’Overlook

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Nei più convincenti resoconti che ho letto fatti da persone che riferiscono di aver visto fantasmi questi vengono descritti invariabilmente così solidi e reali, come se fossero stati davvero presenti. Sembra che le convenzioni cinematografiche secondo cui i fantasmi sarebbero trasparenti e avvolti di bianco esistano soltanto nella sfera artistica.

[…]

Al fine di raccontare la storia, il mio punto di vista è che quelle manifestazioni paranormali siano genuine. Lo stato mentale di Jack serve soltanto a prepararlo all’omicidio e a portare temporaneamente fuori strada lo spettatore.

Jack

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Questo è un altro dei punti cruciali di scontro tra Kubrick e King. Nel romanzo, benché abbia avuto un passato in cui non ha saputo controllare la sua aggressività, perdendo anche il lavoro come insegnante, Jack sprofonda in modo graduale nel baratro della follia. Tanto che anche alla fine, riesce a prendere un momentaneo sopravvento sulla cosa-Jack che lo possiede e dare l’addio da padre a Danny. Nel film, Jack appare fin dall’inizio come un assai probabile “cattivo”.

Jack arriva all’hotel preparato psicologicamente a uccidere. Non deve spingersi molto avanti perché la sua rabbia e la sua frustrazione diventino completamente incontrollabili. È amareggiato dal suo fallimento come scrittore. È sposato con una donna verso la quale prova solo disprezzo. Odia suo figlio. Nell’hotel, alla mercè di quelle potenti forze del male, egli è ben presto pronto a svolgere il suo cupo ruolo.

Danny e Tony

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Tony non è un’entità paranormale, ma, al contrario, il frutto di un meccanismo di difesa messo in atto dalla mente di Danny al fine di proteggerlo dal ricordo delle brutalità subite e alla forza dei suoi poteri extrasensoriali.

Danny ha avuto un’infanzia travagliata e piena di paure. Brutalizzato dal padre e incantato dalla sue visioni telepatiche, egli ha dovuto inventarsi alcuni meccanismi psicologici interiori per dominare queste forze potenti e pericolose. A questo fine si è creato il suo amico immaginario, Tony, tramite il quale Danny può razionalizzare le proprie visioni e può così sopravvivere.

La foto finale: il significato

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La foto della sala da ballo alla fine suggerisce la reincarnazione di Jack.

Sarà perché quello della reincarnazione è un tema che non mi appassiona, però avrei preferito che su questa foto Kubrick avesse mantenuto più mistero, senza imbrigliare quell’immaginazione sia a lui che a noi piace tanto. Se accettassimo il “suggerimento” della reincarnazione, l’unico punto interessante – l’unico mistero – sarebbe quello del ruolo che ricopriva Jack nella sua precedente vita, soprattutto all’interno dell’Overlook Hotel. Invece, a me sarebbe piaciuto pensare che quella foto fosse il risultato fisico dell’intreccio delle dimensioni che convivono nell’albergo, quella comune e quella spettrale. O qualcosa del genere.

La foto finale: la tecnica

Ben più interessante è invece il modo in cui Kubrick arriva alla realizzazione finale della foto. Foto che, volto di Jack a parte, è stata presa da un archivio e che risale al 1921. In un primo momento Kubrick pensa di utilizzare quella foto come modello e ricostruirla con delle comparse. Soluzione che però scarta quasi subito. Così decide di procede come sotto. In sintesi: Fotografa Jack ricostruendo angolazione e illuminazione della foto originale (quello che importava era il volto di Jack) > Scatta foto di varie dimensioni. Il punto decisivo è che oltre all’illuminazione, il volto di Jack doveva avere anche la stessa grana della stampa originale. Quindi, la soluzione si basa su un fenomeno che anche noi conosciamo se abbiamo esperienza di come, ingrandendo una foto, questa si “sgrani” > Sceglie la foto del volto di Jack che, ingrandita, assume la grana del resto dell’immagine > Sovrappone il volto di Jack al corpo della foto originale.

[Le persone] apparivano così in una foto scattata nel 1921 che abbiamo trovato in un archivio iconografico. Originariamente avevo previsto di usare delle comparse, però si dimostrò impossibile farle apparire come la gente di quella fotografia. Così fotografai Jack con molta attenzione, simulando l’angolazione e le luci di quella foto del 1921. Lo fotografai da distanze diverse in modo che il suo volto risultasse ora più grande e ore più piccola sul negativo. Ciò permise la scelta di un’immagine di una grandezza tale che, quando poi fosse stata ingrandita, avrebbe avuto la grana della foto originale. La foto del volto di Jack venne sovrimpressa sulla foto principale, e credo che il risultato riuscì perfetto. Ognuno dei volti che stanno intorno a Jack è un vero archetipo di quell’epoca.

Montaggio del normale e montaggio del soprannaturale

Premetto il mio personale entusiasmo per la diffidenza nei confronti delle transizioni. Comunque: dissolvenze per il reale e stacchi netti per le visioni soprannaturali.

Non mi piacciono particolarmente le dissolvenze e cerco di non usarle, ma quando a una scena ne segue un’altra nello stesso posto e si vuol sottolineare che è passato del tempo, allora una dissolvenza è spesso il modo più semplice per mostrarlo. Le visioni paranormali invece sono dei barlumi momentanei nel passato e nel futuro, e devono essere brevi e brusche perfino. Per quanto riguarda i movimenti di macchina, mi è sempre piaciuto muovere la macchina da presa. È uno degli elementi base della grammatica filmica.

La Steadicam

La Steadicam permette di effettuare riprese in posti dove altri strumenti non riuscirebbero a entrare, come corridoi stretti e scale. Si può anche correre e la Steadicam mantiene la fluidità dei movimenti, evitando gli effetti dell’instabilità.

Ho avuto Garrett Brown come operatore della Steadicam. Lui ha probabilmente più esperienza di chiunque altro con la Steadicam perché si dà il caso che l’abbia pure inventata. La macchina da presa è montata su un braccio munito di molle che viene applicato su un telaio, il quale a sua volta viene agganciato per mezzo di cinghie alle spalle, al petto e ai fianchi dell’operatore […]. La parte più complicata consiste nel fatto che l’operatore deve controllare con il polso i movimenti di macchina in tutte le direzioni. Osserva la composizione dell’inquadratura su un piccolissimo monitor televisivo che è applicato al suo apparecchio.

Qui vedete due brevi esempi di utilizzo della Steadicam e i loro risultati nel film finale.

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