La Maschera e il Doppio. Gli omicidi in Scream

La Maschera e il Doppio. Gli omicidi in Scream

Ecco quello che vedremo.

– Come i primi tre Scream “utilizzano” le vittime di Ghostface al fine di creare un coinvolgimento emotivo funzionale alla narrazione complessiva. Per stabilire l’importanza delle singole vittime, ho preso in considerazione due fattori: 1) La presenza in scena del personaggio lungo l’intera durata del film e 2) La capacità del personaggio di suscitare sentimenti positivi dal punto di vista umano.

– L’esplorazione di due luoghi sospesi tra reale e irreale – il teatro in Scream II e il set della casa di Sidney in Scream III – che rappresentano la natura dei due film.

Da un punto di vista pratico, vedremo come:

– Creare dei personaggi dotati di varia intensità emozionale e quando trasformarli in vittime.

– Indurre nello spettatore uno stato di coinvolgimento e, al tempo stesso, di irrealtà, attraverso i colori e le luci.

– Indurre nello spettatore uno stato di coinvolgimento e, al tempo stesso, di irrealtà, attraverso l’architettura degli spazi e la voce fuori campo.

– Utilizzare riferimenti visivi che contribuiscano a costruire la messa in scena.

La drammaturgia delle vittime  – Scream I vs Scream II

Uno squillo di telefono. La voce di un maniaco che propone un gioco, in palio la vita. Una domanda trabocchetto che racchiude il senso dell’intero film – che poi diventerà una saga: un continuo e creativo gioco con i luoghi e gli stereotipi dell’horror e del thriller. Un ragazzo (Steve) sgozzato e una ragazza (Casey) squartata. Inizia così Scream I.

Scream I realizzato con più mezzi”. “Scream I che passa dal liceo all’università”. Queste, in sintesi, alcune opinioni su Scream II. Il quale, in effetti, è stato realizzato con un budget superiore al primo e si svolge in un campus universitario e luoghi circostanti. Ma ciò che marca la differenza rispetto al primo film è altro.

In Scream II aumenta in modo decisivo il peso emotivo degli omicidi, che deriva dal grado di coinvolgimento che proviamo verso molte delle vittime. Insomma, il quid in più rispetto a Scream I (che, secondo me, rimane superiore) non è tecnico o tematico, ma drammaturgico. E, forse, non è un caso che il teatro abbia un certo rilievo all’interno del film.

Vediamo.

Abbiamo visto che Scream I inizia con gli omicidi di Casey e Steve. Lui lo vediamo solo per qualche secondo legato a una sedia e imbavagliato, quindi nemmeno gli vediamo il volto. La sua morte brutale ci colpisce e proviamo il dolore che di solito si prova quando qualcuno muore, soprattutto se molto giovane. Ma non possiamo certo dire di averlo conosciuto e di esserci affezionati a lui.

Casey abbiamo modo di conoscerla un poco di più, nel corso di quella drammatica telefonata con l’assassino. E quando corre attraverso il prato vorremmo aiutarla a raggiungere il traguardo della salvezza. In questi minuti abbiamo sentito la sua voce, visto il suo viso, seguito le sue movenze e i suoi gesti. Ma, appunto, si è trattato solo di pochi minuti. Il dolore che proviamo per la sua morte rimane comunque prevalentemente “biologico” – dispiacere per una giovane vita troncata – che affettivo.

La successiva vittima di Ghostface è Arthur Himbry, il preside del liceo. Abbiamo avuto modo di conoscerlo meglio di Casey, ma certo non ha avuto né il tempo né l’occasione per imprimersi nella nostra mente e nel nostro cuore. Anzi, è piuttosto antipatico. Diciamo che la sua morte non ci sconvolge più di tanto.

Poi è il turno di Kenny, il cameraman della giornalista Gale Weathers. Benché lui entri in scena fin dall’inizio e segua Gale nei suoi spostamenti, non acquisisce in alcun modo un ruolo da protagonista, sia pure secondario, e la sua presenza nella storia rimane impalpabile. Sì, ci dispiace che muoia, ma ci passa subito. Anche perché il suo omicidio è il più bello del film, per la messa in scena complessiva, relativa alla questione della “differita” (naturalmente, questo post prevede che a leggerlo sia chi conosce i film in questione, altrimenti dovrei descrivere la trama di ognuno, spesso nei dettagli, e invece di un articolo ne verrebbe fuori una monografia).

Infine, Ghostface uccide Tatum, amica di Sidney e sorella del vicesceriffo Linus. E stavolta sì che ci dispiace. Ha sempre fatto di tutto per stare vicina all’amica e, al di là di un certo atteggiamento ipercritico nei confronti del fratello, è sempre stata spontanea e simpatica. Tra l’altro, la scena del suo omicidio è quella più “horror”, con la porta che si chiude da sola e Ghostface che appare in modo simile al Dracula del film di Fisher.

Quanto accade nel finale serve a segnare un’ulteriore differenza emotiva rispetto a Scream II. Nel giro di poco tempo Linus, Randy e Gale – tre personaggi ai quali ci siamo affezionati nel corso del film – che pensavamo morti, o morenti, tornano in scena. Feriti, ammaccati, ma vivi. In più, scopriamo che anche Neil Prescott, il papà di Sidney, scomparso da giorni e imprigionato in uno sgabuzzino, è vivo.

Passiamo a Scream II.

Anche in questo caso abbiamo una coppia uccisa da Ghostface nei primi minuti. Ma la differenza rispetto agli omicidi di Casey e Steve è netta. Infatti, per alcuni minuti abbiamo l’occasione di conoscere Maureen e Phil mentre, nel cinema dove trasmettono il film basato sugli omicidi visti in Scream I, parlano tra di loro, si scambiano qualche tenerezza e Phil cerca di convincere la diffidente Maureen che la scelta di recarsi a guardare quel film sia stata un’ottima scelta. Così, quando Phil viene ucciso, un po’ ci dispiace. E nel volto di Maureen, vediamo non solo il dolore fisico per lo scempio fatto dalla lama di Ghostface sul suo corpo, ma, forse soprattutto, la tristezza e la disperazione di una ragazza consapevole che tutti i suoi sogni, tutti i suoi progetti, tutte le sue speranze, stanno svanendo per sempre.

Per questi motivi nell’immagine ho messo il frame con Maureen e Phil non in bianco e nero, ma a colori, anche se un po’ desaturati perché si tratta comunque di due personaggi la cui presenza si limita al prologo.

Liquido subito le due guardie del corpo di Sidney. Sono presenze così impalpabili che, al confronto, Kenny di Scream I sembra De Niro nel Cacciatore.

Cici, come Casey, la vediamo solo alle prese con Ghostface al telefono, qualche minuto prima di venire uccisa.

Randy, forse il personaggio più simpatico dei primi Scream, un ragazzo al quale Sidney è legata da una profonda amicizia, viene massacrato da Ghostface con una violenza feroce e spietata.

Hallie, amica e coinquilina di Sidney, viene pugnalata a morte davanti agli occhi della stessa Sidney mentre la sta accompagnando in un posto sicuro.

Così come viene ucciso davanti ai suoi occhi anche Derek, il suo ragazzo, che, prima di morire, riesce a farle un’ultima dichiarazione d’amore.

Insomma, Scream II vira decisamente su toni molto più drammatici del primo e questo è ben rappresentato dall’importanza che assume il teatro, anche proprio come luogo fisico. Durante le prove di uno spettacolo che ha Sidney come protagonista, tra le maschere degli attori appare quella di Ghostface. Che insegue Sidney sul palco, per poi svanire. Sidney cade a terra, gli attori si levano le maschere. Ghostface era stato davvero lì?

Craven crea un’atmosfera di confusione quasi psicotica, in cui realtà e fantasia spesso paiono mischiarsi tra di loro, attraverso soprattutto l’utilizzo dei colori e del movimento (la luce stroboscopica e la danza).

L’illuminazione stroboscopica trasforma in poche frazioni di secondo i colori del palco, portandoli da una dominante arancione con bassa luminosità a una dominante blu con alta luminosità. I colori appartenenti alla gamma dell’arancione sono complementari, ovvero opposti, a quelli appartenenti alla gamma del blu. Gli uni attivano gruppi di cellule opposti agli altri. Questo repentino passaggio da una gamma a quella opposta, unita a un altrettanto cambiamento di luminosità, induce nel cervello dello spettatore una sorta di sia pur lieve stato confusionale (che naturalmente si noterebbe di più in un cinema che non davanti al monitor di un pc o al display di un cellulare).

La parte con Ghostface, invece, vede l’utilizzo solo di colori analoghi, ovvero di colori simili tra loro. Inoltre, la luminosità è bassa, così come basso è il contrasto, cioè non c’è grande differenza tra il punto più luminoso e quello più scuro nella gamma di colori. Tutto ciò facilita l’immersione della mente dello spettatore all’interno della scena: un senso di indistinzione e oscurità che non è solo cromatico ma anche psicologico.

Per un approfondimento sui colori puoi vedere qui: https://storieanomale.com/elementi-di-video-storytelling/colore-e-coinvolgimento

In conclusione. Il prologo sul palco di un cinema, l’epilogo su quello di un teatro. Teatro che ritorna, all’interno del film, come luogo delle maschere, dove realtà e illusione si fondono, divenendo indistinguibili. Temi classici quali il desiderio di vendetta dei buoni (Gale a Linus: “Non ci sono telecamere qui! Voglio solo trovare quello schifoso. Io lo voglio sul serio”) e l’innocente che porta morte intorno a sé. Scream II ha, almeno in parte, una sorta di scrittura drammaturgica classica, sulla quale si innestano modalità di messa in scena autoriali, come scelte di regia e di montaggio, che lo portano un po’ distante dalle invenzioni visive e citazioniste del primo, e del relativo clima parodistico, tanto che non può essere considerato semplicemente come una trasposizione del primo Scream in un campus universitario. Mi sembra, invece, come un ribaltamento di quanto fatto da Raimi con La casa, dove il primo era un horror puro e il secondo invece miscelava horror a comicità, anche se, in Scream, rimaniamo sempre più vicini al thriller che all’horror.

Il Doppio e lo Specchio – Scream III

Con Scream III passiamo dal teatro al cinema, sul set dove si sta girando Scrub 3, sempre basato sugli omicidi di Ghostface. Ma, prima, l’immancabile prologo con il massacro di una coppia, Cotton e Christine. E Cotton è proprio Cotton Weary, che abbiamo conosciuto e seguito fin dal primo film e che, alla fine del secondo, salva Sidney. Insomma, stavolta, il primo omicidio ha un alto grado di coinvolgimento.

Una volta entrati negli studi dove si gira Scrub 3, ci troviamo nel mondo dei Doppi. Così veniamo a conoscere gli attori che interpretano i protagonisti di Scream: Angelina (Sidney), Jennifer (Gale), Tom (Linus) e Tyson (Randy). Poi c’è Sarah, che ha la parte della “ragazza che viene uccisa per prima”. L’aspetto interessante è che ognuno dei quattro Doppi ha almeno una caratteristica in qualche modo opposta all’originale. Angelina, che durante l’intero film appare dolce e ingenua, alla fine racconta di avere avuto la parte in quanto è andata a letto con il produttore. Jennifer è molto emotiva e teatrale. Tom è attraente e poco simpatico. Tyson è afroamericano. Il fatto curioso è che in questo film, al contrario nei primi due, Ghostface è uno solo, mentre gli altri protagonisti hanno il loro doppio. Inoltre, anche se quanto segue so che può sembrare una sorta di forzatura, le due precedenti coppie di Ghostface rappresentano sotto certi aspetti l’uno il doppio/ombra dell’altro: Billy – Moro, Introverso (senza pignolare sui termini) / Stu – Biondo, Estroverso e Mickey – Maschio e Signora Loomis – Femmina.

Tipico del Doppio, visto come, in questo caso, entità vicina all’Ombra junghiana, è quella di avere una o più caratteristiche opposte a quelle abitualmente vissute dalla persona. In estrema sintesi: inconsciamente, la persona percepisce avere alcune caratteristiche che non vuole riconoscere come sue, quindi le “mette in ombra” e le proietta sugli altri. In questo caso l’unica eccezione è Tyson, che rappresenta solo esternamente l’Ombra, così come Mickey / Signora Loomis in Scream II. Da qui il collegamento tra l’Ombra e lo Specchio, che viene a rappresentare il simbolo dell’accesso a una dimensione opposta a quella della persona che gli si pone davanti.

Qui, la caratteristica dell’Ombra risulta ben messa in scena nel rapporto tra Gale e Jennifer, che spesso dà anche vita a divertenti siparietti. Tanto che Jennifer diviene una vera e propria protagonista e ci affezioniamo a lei. Così, quando muore, il dispiacere è forte.

Sarah muore troppo presto. Stone, la guardia del corpo di Jennifer, era arrogante e privo di spessore narrativo. Tom era poco simpatico e non è rimasto sulla scena abbastanza. Angelina ci aveva coinvolti con la sua apparente ingenuità e dolcezza, e ci ha delusi quando, pochi secondi prima di essere uccisa, ha mostrato tutta la sua ipocrisia. Tyson era sì simpatico e la sua morte ci è dispiaciuta, ma nella storia complessiva riveste un ruolo poco incisivo. Milton, il produttore, è l’ultima vittima e comunque non è che provassimo grande affetto nei suoi confronti. Quindi, la morte di Jennifer è proprio un brutto colpo.

Vediamo.

Inseguita da Ghostface, Jennifer fugge attraverso un passaggio segreto, un corridoio che percorre le pareti della casa e che è separato e celato dagli appartamenti da una parete formata da specchi. Gale e Linus sentono le sue grida ma non riescono a capire di cosa si tratta. Di fronte allo specchio, Linus punta la pistola verso di esso, in direzione delle urla.

Dietro lo specchio, Jennifer, il Doppio e l’Ombra di Gale. Ghostface la raggiunge e la squarta.

Linus spara.

Lo specchio si infrange.

Il cadavere di Jennifer oltrepassa la soglia e piomba sul pavimento.

Infine. Come in Scream II il teatro rappresenta il luogo dove reale e irreale si mischiano e confondono l’uno con l’altro, in Scream III questo succede con la ricostruzione della casa di Sidney sul set di Scrub 3. Mentre in Scream II questo effetto viene reso attraverso l’utilizzo dei colori e dei movimenti, qui viene ottenuto con la disposizione e l’architettura degli spazi. La porta dei bagni pubblici che conduce all’esterno della casa. La ricostruzione degli interni. La porta che si apre sul vuoto. Sidney che si aggira per le stanze dove echeggiano le voci del passato. Sembra quasi di trovarsi all’interno di un edificio realizzato da Escher.

Per quanto riguarda l’ultimo elemento, la porta che si apre sul vuoto, una suggestione visiva potrebbe ricondurre al Mago di Oz, quando Dorothy si affaccia alla finestra della casa, che, travolta e trascinata da un tornado, la sta portando in un’altra dimensione.

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