La non italiana con lo zainetto. Anastasiya Kylemnyk tra processo mediatico e processo reale

La verità e lo slavejournalism nel mediatico processo-farsa contro Anastasiya Kylemnyk

“L’unica cosa rimasta in questa vicenda è la ragazza non italiana con lo zainetto”. Queste, le parole pronunciate dal PM Francesco Mollace nel corso del processo d’appello per l’omicidio di Luca Sacchi. Parole alle quali si uniscono altre volte nelle quali a “non italiana” viene sostituito il termine “straniera”. A parte il fatto che, soprattutto in un’aula di tribunale, sarebbe bello che le persone venissero chiamate con il loro nome e cognome, che in questo caso è Anastasiya Kylemnyk, quello che sorprende è che il PM dimostra di non sapere che “la ragazza non italiana” è in tutto e per tutto una cittadina italiana che parla italiano come se fosse la sua madre lingua (forse non ha ascoltato gli audio del processo di primo grado) tanto che insegna italiano agli stranieri. Cioè, ai “non italiani”.

Breve sintesi della tragedia avvenuta nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 2019.

Roma. Nei pressi del pub John Cabot, Paolo Pirino aggredisce Anastasiya Kylemnyk al fine di derubarla dal contenuto del suo zainetto, ovvero circa 70.000 euro destinati all’acquisto di marijuana. Luca Sacchi, fidanzato di Anastasiya Kylemnyk ed esperto di arti marziali, atterra Paolo Pirino. Valerio Del Grosso, giunto con Pirino per compiere la rapina, spara alla testa di Luca Sacchi, che morirà qualche ora dopo in ospedale, senza avere più ripreso conoscenza. L’incontro per la compravendita della droga è stato organizzato da Giovanni Princi, amico di Luca Sacchi. L’arma con la quale viene commesso l’omicidio è stata consegnata da Marcello De Propris a Valerio Del Grosso. Secondo la sentenza di primo grado anche Anastasiya Kylemnyk avrebbe partecipato a tutte le fasi che hanno portato al tentativo di compravendita di marijuana. Questo, senza alcuna prova determinante in proposito. Qui finiscono i dati di fatto. Del processo reale, anche e soprattutto per assenza di competenze giuridiche, non mi esprimo. Dato che, al tempo stesso, ho normali capacità logiche e cognitive, faccio notare la mia perplessità sul seguente punto, che mi sembra assai significativo.

Simone Piromalli, ritenuto dagli inquirenti uno dei testimoni-chiave, dunque del tutto attendibile, durante la sua udienza al processo, parlando del tentativo di compravendita di marijuana, inizia dichiarando è stato Giovanni Princi a mostrargli i soldi e non Anastasiya Kylemnyk, per poi affermare, su insistenza della PM, dopo 4 volte che gli è stata posta la stessa domanda, “Ora non ricordo chi me li aveva mostrati”.

Ma andiamo avanti. Nei giorni precedenti l’omicidio, Anastasiya Kylemnyk e Luca Sacchi, insieme a Clementina Burcea (fidanzata di Princi) e Giovanni Princi, sono in cerca di un appartamento nel quale andare a vivere insieme.

Il PM riassume questa situazione con l’espressione “ménage a 4”. Forse solo un’espressione infelice ma che, unita al fatto che più volte ha definito Anastasiya Kylemnyk “straniera”, potrebbe far pensare che, nella decisione sulla pena da chiedere per la stessa Kylemnyk, oltre ad altri fattori, ne siano subentrati alcuni relativi a una sorta di pregiudizio nel confronti delle “non italiane” e della tendenza alla promiscuità sessuale che il solito trito e ritrito stereotipo attribuisce a loro.

Ma, se il tutto si fermasse qui, avremmo un PM con qualche pregiudizio sulle “straniere” (magari proprio quelle provenienti dall’Est Europa), che potrebbe averlo influenzato nell’analisi dei fatti e nella decisione sulla pena da chiedere per Anastasiya Kylemnyk.

Ma non è tutto. Proprio no.

Perché il PM Francesco Mollace parla anche di Anastasiya e Luca come due ragazzi che si amavano. E racconta, sulla base di quanto tutti sanno ma hanno sempre ignorato, di come Anastasiya, quella notte, sia rimasta insieme a Luca – il suo ragazzo con il quale stava portando avanti un progetto di vita – anche quando tutti gli altri erano spariti.

Perché il PM Francesco Mollace quando nomina i “delinquenti” presenti in questa brutta storia, esclude Anastasiya Kylemnyk dall’elenco.

Visto tutto l’odio che, nel corso di questi anni, è stato – con metodo e cinismo – scatenato e fomentato contro Anastasiya Kylemnyk, visto tutto questo odio nutrito da disinformazione, malainformazione, menzogne, oscenità, allusioni e via degenerando, queste frasi del PM Francesco Mollace rappresentano non solo qualcosa di raro e civile, ma anche una lezione nei confronti di chi avrebbe dovuto svolgere la professione di giornalista e che invece ha fatto tutt’altro. E tra poco ci arriviamo, a questa gente.

Ma adesso torniamo al PM e al momento in cui afferma che se il rapporto tra Anastasiya Kylemnyk e il Princi fosse stato scandagliato meglio sarebbero uscite più cose.

Il mediatico processo-farsa

Ora, sul possibile pregiudizio insito in alcune sue dichiarazioni, e sulla nobiltà e sensibilità che traspaiono in altre, abbiamo appena visto. Qui però sfociamo nel surreale. Negli ultimi tre anni circa si è assistito a un incivile, osceno e violento spettacolo mediatico nel quale la privacy di Anastasiya Kylemnyk è stata puntualmente e reiteratamente violata e calpestata senza scrupolo alcuno. Ed è servito, insieme ad altri strumenti che vedremo tra poco, a creare un profilo di Anastasiya Kylemnyk del tutto fittizio ma oltremodo funzionale alla strategia difensiva della famiglia Sacchi. Per cui, dati di fatto alla mano, non solo la vita di Anastasiya Kylemnyk è stata abbondantemente scandagliata, ma in gran parte lo è stata anche al di là del lecito e dei limiti di una corretta informazione. La trasmissione televisiva, con relativa pagina Facebook, che con metodo e costanza si è prestata a ciò, come si è prestata alla deformazione manipolatoria dei fatti, è Quarto Grado.

N.b.: Non sto esprimendo un’opinione personale né formulando ipotesi. Mi limito a descrivere quanto è avvenuto. Chi avesse dubbi in proposito può leggere qui: https://storieanomale.com/disclaimer e qui: https://storieanomale.com/2023/01/31/la-metafora-del-cane-la-verita-e-lo-slavejournalism-nel-mediatico-processo-farsa-contro-anastasiya-kylemnyk

E arriviamo al punto decisivo: in vista della sentenza di appello, appare evidente il rischio di un’influenza di tre anni di mediatico processo-farsa contro Anastasiya Kylemnyk sulla sentenza finale a suo carico.

L’atteggiamento del PM, col suo slittare tra il pregiudizio e il dar credito a certe allusioni portate avanti ad hoc da media manifestamente in malafede e parziali (gli “sguardi languidi” che avrebbe percepito Tina Galati correre tra Anastasiya Kylemnyk e Giovanni Princi e che sono serviti da base per una campagna d’odio mai vista, colma di stereotipi razzisti e forme di violenza sulle donne) e la corretta analisi dei fatti e la sensibilità dimostrata verso Anastasiya Kylemnyk e quanto le è successo quella notte, pare in questo senso emblematico. Come se l’immagine di Anastasiya Kylemnyk fosse divisa, in una sorta di spaltung mediatica, tra la dimensione del reale, cui fanno parte la sua reale identità e il reale processo, e il profilo fittizio creato ad arte dai media di cui abbiamo detto e diremo e il loro mediatico processo-farsa.

I giudici e i testimoni sono persone soggette agli effetti del processo mediatico, in quanto sono inserite nella realtà in cui vivono, e nonostante il proposito di obiettività, sono comunque influenzabili dai fattori esterni e quindi anche dal potere dei media e dalla loro egemonia culturale […]. Quindi i media possono giocare ruoli decisivi sia per quanto riguarda la formulazione delle sentenze, sia per quanto riguarda le indagini.

Nel corso del tempo […] giustizia e mondo dell’informazione si sono pericolosamente intersecati, dando vita al processo mediatico, che si svolge nei giornali, televisioni, blog e forum invece che in aule di tribunali. Il rischio che si corre è che il processo mediatico sostituisca quello reale, o che possa addirittura influenzarlo […]. Bisogna anche tenere presente gli effetti che i media possono produrre e alle forme di influenza che possono esercitare: il rischio di un errore giudiziario per via dei condizionamenti esercitati sui giudici e testimoni è dietro l’angolo e più frequente di quanto si possa immaginare.

– Antonella Camerino, “Tribunali mediatici: la spettacolarizzazione dei processi in Italia e l’influenza dei mass media sull’opinione pubblica”

Più chiaro – e inquietante – di così…

Ed ecco un limitato, per motivi di spazio, ma significativo elenco di quanto si è visto in questi anni.

Si è visto il signor Paolo Salice, avvocato di Tina Galati, in una puntata di Porta a porta, dire “possiamo chiamarla serpe?” riferendosi a colei che definisce “questa biondina”, ovvero si è visto un avvocato denigrare in pubblico la testimone di un omicidio, minandone, o cercando di minarne, la credibilità; il tutto, nel compiaciuto silenzio-assenso dei presenti, conduttore su tutti. Si è vista Tina Galati affermare “Princi non è mai stato a casa mia” per poi – dopo essere peraltro già stata plurismentita – affermare “Quando era a casa mia Princi si comportava come un dio”. Si è visto Alfonso Sacchi comunicare ai giornalisti che erano spariti del soldi dal conto, scatenando la solita ondata d’odio contro Anastasiya Kylemnyk, per poi vedere gli inquirenti far notare a Sacchi che quei soldi erano stati usati da suo figlio Luca per pagargli il mutuo e per acquistare un motorino. Si è vista una schiera di giornalisti provenienti da Cartoonia sorprendersi perché non notavano alcun bernoccolo spuntare dalla testa di Anastasiya Kylemnyk, nel punto dove era stata colpita. Si è vista Lucilla Masucci rantolare che il volto di Anastasiya Kylemnyk era il volto della responsabile della morte del povero Luca e si è vista la stessa Masucci scarrozzare per Roma insieme ad Alfonso Sacchi, in un viaggio al termine del giornalismo. Si è vista Tina Galati recitare (in senso tecnico), sotto la regia di Quarto Grado e con Gianluigi Nuzzi quale goffa spalla, un vero e proprio discorso d’odio contro Anastasiya Kylemnyk, dopo il quale le feroci, violente, minacciose, oscene e degradate manifestazioni d’odio contro Anastasiya Kylemnyk si sono intensificate e moltiplicate a dismisura, e i veri responsabili della morte di Luca Sacchi, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, sono definitivamente spariti dall’attenzione dell’opinione pubblica. Si è vista la signora Armida Decina, avvocato o avvocatessa, fate voi, di Alfonso Sacchi, accolta come una star nella solita Quarto Grado, a processo in corso e, come sempre, in assenza di contraddittorio, in una puntata nella quale la privacy e i diritti di Anastasiya Kylemnyk sono stati violati e calpestati in modo volgare e codardo, dire che Anastasiya Kylemnyk “ritiene di essere stata colpita”, insinuare che avrebbe avuto chissà quale timore nell’affrontare le domande sue e del suo valoroso collega e infine giochicchiare con gli anni di carcere che secondo la sua fantasia – e quella dei suoi amici “giornalisti” – sarebbero potuti toccare ad Anastasiya Kylemnyk.

Si è visto un metodico, costante, servile, prepotente, volgare, codardo e strategico strisciare da parte di chi avrebbe avuto il dovere di fare informazione e che invece ha fatto l’esatto contrario: ha manipolato, mentito, depistato, creato e diffuso odio. Odio che ha puntualmente esposto Anastasiya Kylemnyk al rischio di subire violenze direttamente sulla propria persona. Violenze che vanno, visti i contenuti dei servizi realizzati da questa trasmissione e diffusi via social, dallo stupro a pestaggi di vario tipo sino alla forma di violenza più estrema e definitiva. E tutto questo, nella più totale assenza di alcun dato di fatto, di alcuna notizia o informazione oggettiva ma solo sulla base degli stessi servizi, realizzati proprio per convogliare il maggior odio possibile – e dunque le maggiori attenzioni possibili – verso Anastasiya Kylemnyk, depistando le attenzioni da Luca Sacchi, dal suo contesto e dagli stessi veri responsabili della sua morte.

Come è stato possibile tutto ciò?

L’obiettivo di Quarto Grado, e di tutta la stampa acriticamente schierata dalla parte della famiglia Sacchi, è quello di allontanare da Luca Sacchi ogni attenzione e approfondimento in relazione alla violazione della legge sulla droga ed evitare nel modo più assoluto ogni ipotesi sul suo coinvolgimento in un contesto più o meno abituale di spaccio.

La strategia messa in atto consiste nel creare un profilo agiografico di Luca Sacchi e per farlo occorre creare un altrettanto fittizio profilo di Anastasiya Kylemnyk, simmetrico, ovvero opposto, a quello del fidanzato.

I punti fondamentali sui quali si è basata e articolata la creazione del profilo fittizio di Anastasiya Kylemnyk, funzionale alla strategia difensiva della famiglia Sacchi, sono la brama di soldi, la dinisinibizione sessuale, e una spietata freddezza in grado di portare a tutto.

Risulta perlomeno strano che la santificazione di Luca Sacchi sia collegata alla demonizzazione di Anastasiya Kylemnyk attraverso menzogne e manipolazioni delle informazioni e non attraverso un approfondimento serio e dettagliato relativo ai responsabili reali dell’omicidio e al loro contesto.

Non potendo ovviamente fare affermazioni dirette – vista anche la totale assenza di dati di fatto tali da sostenerle almano un po’ -, con il comportamento tipico dei servi codardi, con ‘arrogante furbizia di chi nel suo strisciare ai piedi dei forti si erge a prepotente aggressore dei deboli, questi che si fanno chiamare “giornalisti” hanno pianificato e portato avanti con metodo e cinismo, una farsa mediatica fatta di allusioni, insinuazioni, giochetti tra parole e immagini e altri espedienti ampiamente sbugiardati.

Al termine del post trovate i link alle analisi dettagliate degli strumenti verbali e audiovisivi utilizzati. Anche in questo caso, sottolineo che non si tratta di opinioni personali o di ipotesi altrettanto personali, ma solo dell’esposizione di oggettivi dati di fatto. Vediamo adesso le due tecniche principali utilizzate per creare questo farsesco luna park delle disinformazione e della mala-informazione, ovvero l’Obliquità semantica e l’Effetto Kulešov. Il tutto, accompagnato da vere e proprie menzogne.

Obliquità semantica

Ottimamente descritta in Salvatore Di Piazza, Mafia, linguaggio, identità, Centro di studi ed iniziative culturali Pio La Torre, consiste nell’utilizzare espressioni “polisemiche”, ovvero che possono essere interpretate in vario modo ma che, nel generale contesto all’interno del quale sono inserite, vengono ad acquisire un significato preciso. Esemplare in questo senso è l’utilizzo dell’espressione “portato via” utilizzata in modo strategico da Tina Galati e riferita al fatto che Anastasiya Kylemnyk gli avrebbe appunto “portato via” il figlio. Allevata con cura e metodo sul suo profilo Facebook, nel quale associa ripetutamente Anastasiya Kylemnyk ai reali responsabili della morte del figlio, questa espressione esplode in modo tanto violento quanto accuratamente preparato, negli studi amici di Quarto Grado, la sera dell’8 maggio 2020. Al termine della performance recitativa di Tina Galati, con la puntuale regia di Quarto Grado e Gianluigi Nuzzi come goffa spalla, Anastasiya Kylemnyk rimane la responsabile di qualsiasi cosa sia accaduta quella notte e diviene bersaglio di un’ondata d’odio feroce, volgare, violento, razzista e pericoloso. Di Valerio Del Grosso e Paolo Pirino non c’è alcuna traccia, né mai ci sarà più.

Il tutto, come sempre, nella completa assenza di dati di fatto, notizie, informazioni.

Rimando all’analisi dettagliata e approfondita di quella serata, sempre nei link a fine articolo.

Effetto Kulešov

Intorno al 1920 il regista russo Lev Kulešov fa un esperimento. Prende l’immagine del primo piano dell’attore Ivan Mozžuchin. L’espressione è neutra, priva di particolari emozioni. Accosta a questa immagine di volta in volta l’immagine di una zuppa, quella del cadavere di una bambina nella bara e quella di una bella ragazza [ma ci sono più versioni sulle immagini utilizzate]. E chiede a tre gruppi di spettatori – uno per immagine – quali emozioni provocano loro le singole sequenze. Ecco i risultati.

Gruppo “Zuppa” > Emozioni relative all’appetito

Gruppo “Bambina morta” > Emozioni relative alla tristezza

Gruppo “Ragazza” > Emozioni relative al desiderio

Ma non solo. Gli spettatori si congratulano con l’attore per il modo intenso e credibile con il quale, secondo le tre immagini, ha espresso emozioni relative all’appetito, alla tristezza e al desiderio.

In questo modo, Kulešov dimostra in modo decisivo, come attraverso l’accostamento di immagini in realtà indipendenti l’una dall’altra, si possa creare nella mente dello spettatore una ben definita produzione di senso.

Quarto Grado utilizza in modo metodico e costante questo effetto al fine di imprimere e consolidare nelle menti degli spettatori (chiunque essi siano) il profilo fittizio di Anastasiya Kylemnyk deciso fin dall’inizio.

Possiamo dare una definizione aggiornata agli attuali strumenti di comunicazione audiovisiva e multimediale di questo effetto, così:

L’effetto Kulešov si ottiene accostando due contenuti indipendenti l’uno dall’altro, in modo tale che nella mente del fruitore si crei una precisa produzione di senso.

Vediamo qualche esempio significativo.

Contenuto verbale / Contenuto testuale

Nuzzi – MammaTina, Anastasiya dice che è una vittima. Cos’è, ha indossato una maschera?

Intanto, il titolo della grafica diventa Anastasiya, vittima o carnefice?

Tina Galati – Anastasiya non è una vittima, io l’ho sempre detto.

Quindi, “mamma Tina”, come la chiama affettuosamente il conduttore Nuzzi, proprio mentre appare il testo “Anastasiya, vittima o carnefice?“, risponde alla domanda dello stesso affermando che “Anastasiya non è una vittima”. Ergo, vale la seconda opzione, anche perché “mamma Tina” l’ha “sempre detto”.

Video / Voce fuori campo

Quarto Grado prende una decina scarsa di secondi nei quali, durante una vacanza estiva in montagna, accade quanto segue. L’appartamento è pervaso dalla musica. Anastasiya Kylemnyk la segue danzando nel breve corridoio. Luca Sacchi, dalla camera da letto, la riprende con il cellulare. Tempo pochi secondi e, dalla camera accanto ad Anastasiya Kylemnyk, esce Giovanni Princi, che raggiunge il suo amico in camera, si volta verso Anastasiya Kylemnyk e la “sfida” a una sorta di gara di danza, con un paio di sculettamenti (non sono esperto dell’argomento, mi esprimo come riesco). Lei ride e risponde con un passo di danza, o quello che è. Princi si sdraia sul letto e commenta: “Invidiosa”. Fine.

Attraverso le ripetizione delle stesse scene, riproposte in vario modo – rallenty, zoom ecc – Quarto Grado utilizza i primi cinque secondi circa, ovvero il periodo di tempo prima che faccia il suo ingesso in scena Giovanni Princi, per portare avanti il suo obiettivo, nello specifico mostrare l’insensibilità di Anastasiya Kylemnyk la quale, in quei pochi secondi nei quali danza nel flusso della musica, si permette di non rispondere alla domanda rivoltale dal fidanzato , ovvero: “Ti piace?”. Insomma, Quarto Grado dilata il tempo effettivo a proprio piacimento, in una sorta di patetico “effetto overlapping”, che si ottiene riproponendo con differenti modalità una stessa, breve, scena. Perché devono dare il tempo alla melliflua voce fuori campo di raccontarci quanto Luca Sacchi sia interessato ai gusti e al mondo interiore della sua fidanzata e di quanto la sua fidanzata se ne sbatta di tutto ciò. Vi ricordo che tutti i video di cui parlo, qui come in altri articoli, sono disponibili sulla piattaforma di Mediaset, nella sezione dedicata a questa trasmissione.

Testo / Video / Audiovisivo

La seconda metà del breve video è quella in cui vediamo Giovanni Princi raggiungere il suo amico Luca Sacchi in camera, voltarsi verso Anastasiya Kylemnyk e dimenare il bacino. Lei ride e risponde all’amico di Luca Sacchi improvvisando un paio di passi di danza o quello che sono. Fine del video. E inizio delle comiche. Benché la questione sia del tutto seria e grave – parliamo sempre di una trasmissione televisiva che passa per “informativa”, la quale, nel servire gli interessi della famiglia Sacchi e la strategia dei suoi avvocati, fa di tutto per massacrare mediaticamente una ragazza, esponendola a rischi di concreta violenza – qui piombiamo direttamente in un’atmosfera tipo cinepanettone della mala-informazione. Ma vediamo.

Entra in scena l’imprescindibile esperto dell’umana mente che risponde al nome di Massimo Picozzi. Dopo una breve introduzione del conduttore – il solito pezzo di grande giornalismo – l’incommensurabile esperto parte con il suo intervento mentre, accanto a lui, scorrono le immagini viste sopra: Princi ancheggia, Kylemnyk ride e accenna un paio di passi di danza, Sacchi riprende (quindi, come sempre nel video in questione, è fuori dal quadro, non si vede).

Titolo che accompagna il duetto Nuzzi – Picozzi: “Luca, tradito da Anastasiya e Giovanni”.

Titolo che accompagna l’intervento dell’indomito conoscitore della psiche umana: “I legami segreti tra Anastasiya e Giovanni”.

Con questi due titoli, Quarto Grado riesce a mettere in sequenza due doppie menzogne. 1) Entrambi i titoli affermano il falso: non esisteva allora né è mai esistito prima e dopo alcun dato di fatto relativo a quanto esposto in essi. 2) Né Nuzzi né Picozzi affermano mai, nemmeno in una frazione di secondo, quanto dichiarato nei titoli.

Nuzzi – Anastasiya subisce il suo fascino [riferito a Princi] quando, in questi fotogrammi brevi…in questo filmato si vede insomma una certa propensione da parte di Anastasiya, e anche di Luca, in fondo.

Picozzi – Pare proprio di sì, per entrambi [in risposta a quanto detto da Nuzzi]. Noi non conosciamo quanto siano le caratteristiche della personalità…abbiamo sentito nel servizio di una dote carismatica di Princi, però mi sembra di incontrare un fenomeno che ho visto spesso, cioè quello di scambiare l’atteggiamento e le frequentazioni di un soggetto, ad esempio come Princi, per forza e potere. Probabilmente, Luca era colpito dalla figura in sé, oltre che dal carisma, anche proprio da queste sue frequentazioni. Noi, in fondo, Luca lo abbiamo conosciuto come un ragazzo pulito, forse anche un po’ ingenuo.

Il contrasto tra il titolo, il video e il sapiente e profondo discorso – una gemma di analisi psicologica che neanche un Massimo Boldi ai vertici del suo fulgore saprebbe interpretare – crea un effetto comico irresistibile. A parte il titolo che non corrisponde alle parole di Picozzi, abbiamo questo irrinunciabile sapiente che, dalla visione di Princi che ancheggia, Kylemnyk che fa una risata e un paio di passi di danza e Sacchi che riprende il tutto, giunge alle seguenti magnificenti conclusioni:

1) Luca Sacchi era colpito dal carisma e dalle frequentazioni di Giovanni Princi perché era un ragazzo pulito e un poco ingenuo. 2) Anastasiya Kylemnyk era colpita dal carisma e dalle frequentazioni di Giovanni Princi perché era assetata di soldi. Scuola de Palo Alto, levate.

Al termine di questa sontuosa analisi, l’irraggiungibile Picozzi conclude con un’affermazione che manco il mago Otelma all’apice della sua extrasensorialità: Anastasiya Kylemnyk vedeva in Princi colui che “le avrebbe fatto fare un salto di qualità, nella sua testa, comunque”. Pure telepata.

Effetto Kulešov”classico”

Uno dei due temi ricorrenti vede l’associazione di clip rappresentanti uno zainetto (il più delle volte se non sempre, con soldi dentro), quella che dovrebbe essere marijuana, soldi e Anastasiya Kylemnyk. Il tutto, come anche nei casi che vediamo subito dopo questo, accompagnato dalla scritta “Documento”: l’ennesima menzogna di Quarto Grado, visto che siamo in presenza di clip molto probabilmente tratte da siti di stock immagini e video (non credo siano state realizzate apposta, comunque non cambierebbe il senso fondamentale) e, nel caso di Anastasiya Kylemnyk, di immagini predate dai suoi social. Eppure questa menzogna, al pari delle altre, contribuisce a dare forza a servizi in realtà basati sul nulla.


Puntata del 12 giugno 2020. Qui Quarto Grado punta tutte le sue carte su un tema intuibile dalla prima immagine che vedete, lanciato in altre sedi dagli avvocati della famiglia Sacchi ed elaborato con dedizione ed entusiasmo dal conduttore maschio e dalla conduttrice femmina di questa trasmissione. Per tutto il resto, compreso l’uso strategico delle transizioni (i passaggi da una clip all’altra) rimando all’approfondimento indicato al termine di questo articolo.


Ed ecco il secondo leitmotiv attraverso il quale, a livello visivo, Quarto Grado insinua e consolida negli spettatori (almeno in molti) la convinzione relativa alla colpa di Anastasiya Kylemnyk per la morte di Luca Sacchi: l’apparizione della pistola. Vediamo un esempio.

Siamo alla sera del 21 aprile 2021, qualche giorno dopo la testimonianza resa da Anastasiya Kylemnyk nel tribunale reale. Momento nel quale, secondo gli avvocati della famiglia Sacchi, Kylemnyk avrebbe dovuto crollare in preda al panico sotto le loro ficcanti domande, mentre invece ha risposto alle stesse in modo adeguato al contesto. Con la consueta violazione della privacy, Quarto Grado mostra delle chat nelle quali Anastasiya Kylemnyk parla con due amiche alle quali esprime la convinzione che i coniugi Sacchi abbiano ricevuto compensi per ogni loro apparizione mediatica. Argomento che c’entra con i fatti dibattuti nel processo reale come io c’entro con la Settimana della Moda.

Sorge qualche domanda, tipo:

Cosa ci fanno Tina Galati e Alfonso Sacchi, due parti pienamente coinvolte nel processo reale, in quello studio televisivo, nella consueta assenza di controparte, a partecipare all’ennesimo rituale di deligittimazione della testimone nello stesso processo? Rituale, tra l’altro, portato avanti attraverso la violazione del diritto alla privacy della testimone stessa?

Ma andiamo avanti.

Quarto Grado ha scelto due immagini di Anastasiya Kylemnyk, una per la parte inziale e una per la parte finale del servizio, quella successiva alla clip della pistola. Nella prima immagine, il volto di Anastasiya Kylemnyk ha un’espressione mite, quasi timida, con lo sguardo lievemente abbassato che guarda verso gli spettatori, in direzione opposta ai volti di Alfonso Sacchi e Tina Galati. Nella seconda immagine, quella che – sorpresa! – appare dopo il colpo di pistola in direzione di Luca Sacchi, l’espressione di Anastasiya Kylemnyk è quasi sfrontata, molto sicura di sé, e i suoi occhi guardano dall’alto in basso i poveri genitori. Peccato che, fatto che l’onesta Quarto Grado si guarda bene dall’esporre, quell’immagine è tratta da un servizio fotografico e quell’espressione è volutamente artefatta, ovvero frutto delle indicazioni del fotografo. Il che indica ancora una volta il modo strategico, attento e servile attraverso il quale Quarto Grado manipola immagini e informazioni nel pieno disprezzo per la verità – oltre che nei confronti di Anastasiya Kylemnyk, verso la quale fa di tutto per convolgiare contro di lei un odio che la espone a pericoli concredi di subire vari tipi di violenze – pur di soddisfare la volontà degli ormai soliti noti.

L’abitudine di accostare l’immagine di una pistola a una di Anastasiya Kylemnyk dice tutto sia sulla manipolazione che Quarto Grado mette in atto per far percepire la stessa Kylemnyk come responsabile della morte di Luca Sacchi, sia della contemporanea volontà – direi urgenza – di depistare ogni attenzione dal reale responsabile dell’omicidio e dal suo complice.


Cosa non è stato “scandagliato”

Per tornare alle parole del PM, in effetti, qualcosa che non è stato scandagliato c’è. Ma non c’entra Anastasiya Kylemnyk della quale, come abbiamo visto, è stato scandagliato un po’ tutto e quasi tutto ben oltre il lecito.

Eppure c’è una serie di domande che cercano ancora risposta.

L’amicizia tra Luca Sacchi e Giovanni Princi vedeva un’intensa frequentazione tra i due, fermati solo qualche giorno prima della tragedia in un controllo dei carabinieri insieme a una persona con precedenti per violazione della legge sulla droga. Perché non si sono approfonditi i dettagli di questa amicizia e le relazioni che essa eventualmente comportava?

Perché certa stampa si è messa letteralmente al servizio della famiglia Sacchi (ricordiamo decine di compiacenti ospitate sempre senza contraddittorio) e della strategia difensiva dei suoi avvocati?

Perché questa stampa in vario modo può essere fatta risalire all’area sovranista?

C’entra qualcosa in tutto ciò la conoscenza tra la famiglia Sacchi e Matteo Salvini?

A proposito di ciò, perché tale conoscenza è stata sempre accuratamente nascosta dagli stessi protagonisti?

A pochi giorni dalla sentenza di primo grado, arriva la notizia che Paolo Pirino viene coinvolto in un secondo processo, in quanto risulta abbia tenuto un giro di spaccio di droga con clienti soprattutto tra i VIP dello spettacolo, intrecciano con alcuni di essi stretti rapporti. Perché nessuno ha approfondito in questa direzione?

“Luca Sacchi, l’omicidio che scuote Roma: e spunta la parentela con la Magliana.” Così titolava Il Messaggero il 25 ottobre 2019. Si parla di Tiberio Simmi, un parente di Alfonso Sacchi che ha il proprio esercizio commerciale vicino alla Taverna Le Coppelle di Alfonso Sacchi e di Tina Galati. Nel 2011 suo nipote Flavio è stato ucciso con nove colpi di pistola, in quello che gli inquirenti ipotizzano possa essere stato un omicidio legato al traffico di droga.

Ora, attraverso una ricerca nel web, fatta attraverso criteri che non richiedono particolari competenze, ho potuto trovare una serie di interessanti informazioni sul parente di Alfonso Sacchi, Tiberio Simmi. Qui sotto vedete una sintesi, per gli approfondimenti rimando, come al solito, al termine dell’articolo.

  • Tutto quanto segue si riferisce alla “carriera relazionale” di Tiberio Simmi, ovvero ai rapporti e alle relazioni accertate da fonti affidabili, e in alcun modo fa riferimento a fatti giudiziari, con l’eccezione di quanto vediamo adesso qui sotto.
  • Coinvolto insieme al fratello Roberto nel maxi processo alla Magliana, che viene ricordato nell’articolo citato, insieme al fratello è stato infine assolto dalle accuse rivoltegli.
  • Per anni è stato considerato uno tra i maggiori rappresentanti della criminalità capitolina.
  • Ha intrattenuto per lungo tempo forti e costanti rapporti con i principali esponenti della banda della Magliana, come Giuseppe De Tomasi, suo figlio Carlo Alberto ed Enrico De Pedis. Quest’ultimo è considerato tra i principali responsabili della scomparda di Emanuela Orlandi. A Carlo Alberto De Tomasi viene attribuita la voce che ha chiamato anni fa la trasmissione “Chi l’ha visto?” facendo riaprire proprio il caso Orlandi.
  • Dagli atti della Direzione distrettuale antimafia risulta che Tiberio Simmi e suo fratello Roberto siano stati in affari con la mafia siciliana, e più esattamente con Francesco D’Agati, già uomo di Pippo Calò, cassiere di Cosa Nostra, molto vicino a Bernardo Provenzano.
  • Sono stati documentati rapporti fra Tiberio Simmi con i camorristi di Michele Senese, il boss di Afragola, da sempre, in stretti legami con la banda della Magliana. E con il quale risulta essere stato in stretto contatto anche con Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”, ucciso con un colpo di pistola alla nuca il 7 agosto 2019, quindi pochi mesi prima dell’omicidio di Luca Sacchi. Piscitelli era uno dei capi ultras della Lazio, vicino a Forza Nuova e leader del narcotraffico romano. Intratteneva stretti rapporti anche con Massimo Carminati, di cui vedremo subito qui sotto. Fabrizio Fabietti, braccio destro di Piscitelli, aveva rapporti con la cosca di ‘ndrangheta Bellocco.
  • Amico di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, coinvolto nel maxi processo alla banda della Magliana e nel depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna, accusato di aver depositato un pacco di esplosivo sul treno Taranto-Milano il 13 gennaio 81, coinvolto nell’inchiesta Terre di mezzo, chiamata anche Mafia Capitale, ex Nar: Massimo Carminati è uno dei nomi più importanti nella storia della destra eversiva e della criminalità romana. Vanta eccellenti contatti non solo all’interno della malavita, ma anche nel mondo della politica. Uno dei luoghi preferiti dalla banda della Magliana era la “Ale.car”, una concessionaria d’auto intestata a Carlo Alberto De Tomasi, che abbiamo già conosciuto, e ad Alessio Monselles, altra figura di rilievo all’interno della banda. Tra i componenti che si riunivano lì troviamo: Massimo Carminati, Enrico De Pedis e Tiberio Simmi.
  • Il giudice Otello Lupacchini, che si è occupato del processo contro i componenti del sodalizio criminale, insieme ai già citati Massimo Carminati, Enrico De Pedis e Tiberio Simmi indica anche e con molta frequenza, il nome di Maurizio Lattarulo. Li indica, insieme ad altri, come gestori del riciclaggio e del reinvestimento di enormi capitali provenienti da attività illecite quali il gioco d’azzardo e il traffico di droga.
  • Chi è Maurizio Lattarulo? Assiduo frequentatore del negozio di Tiberio Simmi, ex Nar, condannato in quanto membro della banda della Magliana – nome in codice “Provolino”, “compagno di giochi” di Enrico De Pedis, del cassiere della banda Nicoletti e scagnozzo di Massimo Carminati – diventa consulente alle Politiche sociali del Campidoglio durante la giunta Alemanno.

In definitiva, esplorando la “carriera relazionale” di Tiberio Simmi troviamo tutti gli elementi che caratterizzano l’omicidio di Luca Sacchi. Perché nessuno se ne è occupato?

Approfondimenti

La metafora del cane: la verità e lo slavejournalism nel mediatico processo-farsa contro Anastasiya Kylemnyk
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