Questo articolo presenta una stranezza: parla di uno scrittore senza mai citarne nemmeno una riga. Ma non si tratta di una forma di vuoto snobismo. Il fatto è che quanto segue deriva da tutte le mie letture di Bukowski, autore del quale non mi è rimasto più nemmeno un libro. Per cui potrei sbagliarmi su alcuni punti, ma non ha importanza in quanto credo che i concetti espressi possano risultare utili comunque. Quindi, iniziamo.
Perché una persona dovrebbe “scrivere come Bukowski” anche se non lo ha mai letto né gli interessa leggerlo? Perché lo stile di Bukowski, almeno nei suoi momenti migliori, presenta tre caratteristiche che, se bene applicate, possono rendere efficace qualsiasi narrazione. Vediamole.
Frasi brevi. Le subordinate e le coordinate sono assenti, o usate con parsimonia. Ogni frase contiene un solo soggetto. Questo stile è utile soprattutto per le descrizioni di ambienti e per la narrazione di azioni. Nel primo caso permette di realizzare una descrizione quasi fotografica di un determinato ambiente. Nel secondo caso ogni azione può essere narrata modulandone il ritmo fornendo vivacità e coinvolgimento alla vicenda complessiva.
Inserimento del punto di vista. Grazie anche a quanto sopra, ci troviamo immersi nella storia: le passioni e le emozioni dei personaggi, le loro azioni, gli eventi che li vedono – a volte loro malgrado – protagonisti. Poi, a un certo punto, la storia si blocca e arriva il pensiero dello scrittore, il suo punto di vista su quanto appena narrato. E noi, che abbiamo partecipato a quegli eventi, non possiamo che essere d’accordo con lui. In testi narrativi scritti in terza persona, il commento ai fatti appena accaduti può essere affidato a uno dei personaggi.
Dialoghi realistici. Pare che qualche scrittore nostrano ritenga che per fare una narrazione realistica, dialoghi prima di tutto, occorra piazzare un “cazzo” qui e un “fottuto” là. Beh, non è proprio così. Un dialogo è realistico quando, nella sua struttura, si rifà all’esperienza quotidiana. Quindi: niente monologhi o periodi lunghi e complessi, evitare l’uso di termini ricercati o costruzioni grammaticali raffinate e così via. Insomma, anche se stiamo scrivendo un testo, evitiamo personaggi che “parlano come un libro stampato”. Ciò, per quanto riguarda la struttura generale dei dialoghi. Poi subentrano le caratteristiche dei singoli personaggi e delle specifiche situazioni, ma non è questo lo spazio dove approfondire simili argomenti.
Adesso affronto una possibile e forse probabile obiezione: la scrittura di Bukowski è fortemente biografica quindi per lui era facile descrivere ambienti che aveva visto (o molto simili a essi), narrare azioni che aveva compiuto o alle quali aveva assistito (o molto simili a esse) e dialoghi propri del suo abituale contesto.
Tutto vero, anche se non si può prescindere dal talento personale dello scrittore. Al tempo stesso, l’obiezione non regge di fronte a quanto segue.
– In generale, ciò che fa di uno scrittore uno scrittore vero e proprio è la capacità di immaginare posti, eventi e personaggi rispetto ai quali il più delle volte non ha avuto esperienza diretta.
– Adesso, però, abbiamo anche una risorsa chiamata Web grazie alla quale possiamo rimediare a eventuali difficoltà di immaginazione attraverso immagini, video e testi. Per cui se, mettiamo, vogliamo ambientare parte della narrazione in una sauna, luogo nel quale non siamo mai stati, possiamo facilmente avere a disposizione una tale quantità di immagini in grado di fornire i modelli per la descrizione dell’ambiente. Se vogliamo descrivere le azioni di un personaggio che prende l’aereo, e noi non ne abbiamo mai preso uno, guardiamo qualche video sul tema e anche in questo caso il gioco è fatto. E così via.