Processo Sacchi. La condanna di Anastasiya Kylemnyk a tre anni in Primo grado rappresenta la condanna definitiva di Gianluigi Nuzzi, Alessandra Viero, Carmelo Abbate e dell’intera Quarto Grado. Quarto Grado che, fin dall’inizio, attraverso la manipolazione delle informazioni, con la fattiva e partecipe collaborazione degli avvocati della famiglia Sacchi e della stessa coppia, ha fatto di tutto per far percepire Anastasiya Kylemnyk come diretta responsabile dell’omicidio. Prova ne è la vera e propria comunità d’odio che hanno creato e fomentato e che si esprime nei commenti ai post sulla pagina di quella trasmissione: i veri responsabili sono praticamente assenti e l’unica colpevole è Anastasiya Kylemnyk. Tutto ciò è, appunto, il frutto di una ben pianificata strategia comunicativa messa in atto dalle persone citate sopra e da una serie di haters, alcuni dei quali molto probabilmente prezzolati.
Nel profilo Facebook di Tina Galati leggiamo:
24 marzo 2020: “Vorrei togliere dal profilo di mio figlio la foto di colei che me lo ha portato via”.
3 aprile 2020: “Voi che ci avete portato via l’amore della nostra vita”. AK appare in alto a sinistra, seguono tutti gli altri.
4 aprile 2020: Idem.
5 aprile 2020: Idem.
17 aprile 2020: Idem.
Eccetera eccetera. Quindi, il tema di Anastasiya Kylemnyk che “ha portato via” Luca Sacchi è reiterato, insieme ad altri post nei quali Anastasiya Kylemnyk viene in vari modi maledetta e altrimenti insultata.
Passiamo alla puntata di Quarto Grado dell’8 maggio 2020, i cui linguaggi, verbali e audiovisivi, sono stati ampiamente oggetto di analisi in un precedente post [1]. Qui sintetizzo: vediamo Tina Galati e Alfonso Sacchi, entrambi con indosso una mascherina chirurgica. Sono ripresi da una certa distanza e Tina Galati parla in modo quasi neutrale del responsabile reo confesso dell’omicidio e del suo complice, come è evidente dal tono di voce. Poi la ripresa cambia: la camera stringe su Tina Galati e Alfonso Sacchi, che vengono così a riempire l’intero schermo. Tina Galati si abbassa la mascherina e inizia a inveire (in senso letterale) con enfasi contro Anastasiya Kylemnyk, ritornando sul tema del “portato via”. Un tema quindi tutt’altro che spontaneo, ma accuratamente coltivato e fomentato in attesa di quella puntata. Tra i ripugnanti commenti al post su Facebook, di cui tra poco vediamo la struttura generale, ne troviamo uno che sintetizza tutto quanto detto: “Glielo ha portato via. Buttate la chiave”. In altri Anastasiya Kylemnyk viene chiamata esplicitamente “assassina” o comunque le viene esplicitamente attribuito tale ruolo. Ma l’aspetto più interessante, e veniamo alla struttura generale di cui sopra, è che la maggior parte dei commenti (e sono centinaia) risultano essere composti da due parti: la prima consiste in una dichiarazione di vicinanza empatica a Tina Galati, la seconda vira verso l’accesa violenza contro Anastasiya Kylemnyk. Questo è l’esempio evidente di come ci troviamo davanti a una strategia comunicativa generale portata avanti in modo metodico, assolutamente pianificato e, dal mio punto di vista, anche in modo violento, volgare, sguaiato, ripugnante e, per quanto riguarda gli operatori dell’informazione, talmente asservito da far sospettare probabili fatti corruttivi.
In ogni caso, siamo in presenza di una strategia basata su due bias giornalistici, anche questi approfonditi in un precedente post [2]: la Tematizzazione e la Perception management. In sintesi: Gianluigi Nuzzi & C. avevano l’obiettivo (secondo me eterodiretto) di far percepire Anastasiya Kylemnyk come la responsabile diretta dell’omicidio al fine (mi sembra evidente) di depistare l’attenzione da altre persone e da altri contesti. Per raggiungere questo obiettivo, Gianluigi Nuzzi, Alessandra Viero, Carmelo Abbate e l’intera Quarto Grado hanno officiato a veri e propri Rituali di degradazione [3] nei confronti di Anastasiya Kylemnyk.
Comunque sia, la sentenza del 29 marzo rappresenta la pietra tombale sulla strategia di Quarto Grado (ma anche di altri [4]). I responsabili di questa strategia, e dell’odio che hanno generato e fomentato, invece che sparire e vergognarsi, se ne stanno ancora al loro posto con l’arroganza di sempre. Così ho pensato a un mondo un po’ migliore di questo. Non il migliore dei mondi possibili, perché in esso gente del genere non esisterebbe. Solo un mondo un po’ migliore di questo [5]. Un mondo nel quale gente che ha manipolato le informazioni e scatenato un odio fatto di incitamenti a botte, torture e ad altre violenze; manifestazioni di sadismo; minacce di morte; maledizioni; diffamazioni; umiliazioni; oscenità relative alla violenza sulle donne e insulti razzisti pagano per tutto questo. Un mondo nel quale queste persone sono state giustamente condannate. Un mondo nel quale è possibile leggere, tra le motivazioni della sentenza, qualcosa come quello che segue…
La motivazione delle sentenze contro Gianluigi Nuzzi, Alessandra Viero, Carmelo Abbate e altri componenti di Quarto Grado si apre con un’affermazione inequivocabile: “È provato che i componenti di Quarto Grado agirono all’unisono sin dall’inizio al fine di attribuire ad Anastasiya Kylemnyk la responsabilità diretta per l’omicidio, creando e fomentando un’atmosfera d’odio fondata sulla manipolazione delle informazioni e su pregiudizi razzisti e di genere.”
Incastrato in modo definitivo Gianluigi Nuzzi, che “ha agito con la chiara previsione e volizione della violenza scatenata nei confronti della vittima, indifferente al risultato perché è sempre e solo stato preso dalla foga di portare a termine la sua missione, verosimilmente alimentato anche da una sorta di intento dimostrativo volto ad accreditarsi presso precisi e potenti personaggi politici o forse addirittura dietro loro esplicito incarico”.
Viene quindi citata la puntata dell’8 maggio 2020 come esempio più significativo dell’intera strategia di malainformazione e odio messa in atto da Quarto Grado. Viene inoltre posto l’accento sul fatto che la metodica e costante strategia comunicativa volta alla dispercezione di Anastasiya Kylemnyk attraverso veri e propri riti di degradazione – strategia basata sulla stimolazione degli istinti più bassi e violenti – ha sempre portato al rischio di intercettare qualcuno disposto all’agito, ovvero a colpire fisicamente Anastasiya Kylemnyk, con esiti anche letali, e che di ciò Gianluigi Nuzzi era del tutto consapevole.
Anche il coinvolgimento di Alessandra Viero risulta pieno e consapevole, con l’aggravante morale che abbiamo ripetutamente assistito a una donna che, appunto con piena volontà e consapevolezza, ha contribuito in modo attivo e decisivo all’umiliazione e alle violenze psicologiche contro un’altra donna. “L’adesione di Alessandra Viero al disegno d’odio non è venuta meno dopo il moltiplicarsi di incitamenti a botte, torture e ad altre violenze; manifestazioni di sadismo; minacce di morte; maledizioni; diffamazioni; umiliazioni; oscenità relative alla violenza sulle donne; insulti razzisti nei confronti di Anastasiya, che subisce costantemente tutta questa violenza, e neppure dopo i reiterati riscontri processuali che smentiscono la tesi di Quarto Grado, perché l’imputata ha sempre contribuito in modo fattivo e partecipe alla strategia d’odio e alla manipolazione delle informazioni necessaria al mantenimento e all’accrescimento della stessa”.
Viene citata come esemplare dell’asservimento di Alessandra Viero, e dell’intera Quarto Grado, la puntata del 12 giugno 2020, con Armida Decina (difesa di Alfonso Sacchi) che entra in scena come una star applaudita dalla stessa Viero: dal punto di vista iconico quello che vediamo è l’ospite speciale accolto con entusiasmo dalla valletta di turno.
Altrettanto inequivocabile è stato sempre l’atteggiamento di Carmelo Abbate. “Le modalità comportamentali dell’imputato nel corso di tutte le puntate dedicate al caso, rapportate anche a quanto emerso in fase processuale, alla scarsa razionalità e alla teatralità del suo dichiarato, provano che egli era consenziente alla strategia d’odio e al conseguente depistaggio dai veri responsabili dell’omicidio (voluto o meno) e da altre persone e contesti (chiaramente voluto)”.
Ma torniamo nel nostro mondo. Un mondo nel quale, al di là delle infami schiere di buffoni di corte, ci sono anche persone serie e corrette. Che comunicano nel seguente modo:
- Analizzano una serie di dati di fatto, quindi non discutibili e pubblicamente verificabili.
- Dall’analisi dei dati di fatto e sulla base di questi, si formano
- Direttamente delle opinioni.
- Formulano delle ipotesi sulla base delle quali si formano delle opinioni.
- Valutano una serie di informazioni.
- Dalla valutazione delle informazioni e sulla base di queste, si formano
- Direttamente delle opinioni.
- Formulano delle ipotesi sulla base delle quali si formano delle opinioni.
- Realizzano un contenuto nel quale questi livelli risultano chiari e distinti.
- Se tra questi livelli sono presenti delle ipotesi, il contenuto in questione si chiama scenario, ovvero un contenuto nel quale si intreccia il piano delle certezze con quello delle probabilità.
Quindi, ecco uno scenario sul mediatico processo-farsa contro Anastasiya Kylemnyk.
– La sera del 23 ottobre 2019 l’italiano Paolo Pirino – legato alla ‘ndrangheta e con contatti nel mondo dello spettacolo e dei VIP per motivi di droga – aggredisce Anastasiya Kylemnyk a scopo di rapina, colpendola alla nuca con una mazza da baseball. Luca Sacchi, fidanzato di Anastasiya Kylemnyk ed esperto di arti marziali, atterra Paolo Pirino. A quel punto l’italiano Valerio Del Grosso – molto probabilmente legato alla ‘ndrangheta – spara un colpo in testa a Luca Sacchi, che morirà poche ore dopo in ospedale.
– Il mondo sovranista e, in generale, della destra, appare immediatamente attraversato da un’ansia che, in certi casi, pare rasentare il panico. Dal “Secolo d’Italia” (che, nell’articolo sulle motivazioni della sentenza, citerà solo quelle relative alla Kylemnyk, omettendo quelle relative all’italiano assassino di Luca Sacchi e del suo altrettanto italiano complice) sino al più sparuto gruppo Facebook, è tutta un’esplosione di allarmi per il fatto che l’omicida e il suo complice sono due italiani.
– Matteo Salvini sarebbe amico della famiglia Sacchi da tempi precedenti l’omicidio. Uso il condizionale, ma considero questo dato come certo [6].
– Matteo Salvini, ancor prima che l’identità dei responsabili dell’aggressione sfociata in omicidio fosse pubblica, avrebbe chiesto conferma ai suoi amici dell’origine straniera di Anastasiya Kylemnyk.
– Ben presto, cominciano, da parte di media in vario modo riconducibili all’area sovranista, gli attacchi contro Anastasiya Kylemnyk. Anche l’orda di haters che si scaglia contro questa ragazza appare in gran parte composta da individui appartenenti a quell’area ideologica. Molti di loro si esprimono con il classico stile proprio della Bestia di Matteo Salvini.
– Quarto Grado emerge come organo di malainformazione per eccellenza rispetto al caso Sacchi. Questo è evidente ed è stato dimostrato, dati alla mano, in questo blog [7]. Diventa sin dall’inizio una trasmissione e una pagina Facebook al servizio della famiglia Sacchi e dei suoi avvocati.
Un’ultima cosa. Di solito, quando avviene un omicidio, l’attenzione principale si concentra sulla vita della vittima e di quella delle persone a lei più vicine. Visto anche che Luca Sacchi viveva con i suoi genitori, chi se non proprio loro sarebbero stati da considerare come le persone a lui più vicine e quindi quelle su cui puntare almeno un poco l’attenzione? Invece, la sovraesposizione mediatica della coppia Galati – Sacchi, che si è prestata a veri e propri hate tour volti a concentrare tutta l’attenzione su e contro Anastasiya Kylemnyk, ha avuto l’effetto, solo apparentemente paradossale ma in realtà strategicamente voluto e metodicamente perseguito, di depistare l’attenzione da chiunque altro che non fosse questa ragazza. Eppure, nei primi giorni successivi all’omicidio, era uscita una notizia che, in quel mondo un po’ migliore di cui abbiamo parlato, avrebbe suscitato l’attenzione degli operatori dell’informazione: Alfonso Sacchi è parente di tale Tiberio Simmi, il cui nipote è stato ucciso anni fa per motivi che gli inquirenti ritengono legati al traffico di droga. L’esercizio commerciale di Tiberio Simmi si trova vicino a quello dello stesso Sacchi. Quindi, al di là del grado di parentela tra i due, possono essere considerati parenti “vicini” dal punto di vista spaziale. Ebbene, seguendo la storia di Tiberio Simmi [8] emergono una serie di elementi fondamentali che ritroviamo nel caso Sacchi: traffico di droga, omicidi, malavita organizzata e non, destra politica e destra eversiva; ci si imbatte in eventi e persone che hanno fatto la storia del crimine come la strage di Bologna, la banda della Magliana, il rapimento di Emanuela Orlandi e Mafia Capitale. Il negozio di Tiberio Simmi, situato vicino alla Taverna Le Coppelle di Alfonso Sacchi, è stato per decenni il crocevia dove andavano e venivano i maggiori rappresentanti della criminalità, organizzata e non, romana e non solo. Questa ricostruzione l’ho fatta attraverso fonti pubbliche disponibili nel web. Quindi, come l’ho fatta io, avrebbe potuto farla più o meno chiunque altro e, soprattutto, avrebbe dovuto farla qualche operatore dell’informazione, invece di dedicarsi in massa al linciaggio mediatico di Anastasiya Kylemnyk.
A fronte di tutto ciò, il comportamento di Gianluigi Nuzzi e degli altri – e qui passiamo al livello dell’opinione sui comportamenti, basata su dati di fatto – è sempre stato quello dei vassalli zelanti; dei servi codardi che si fanno arroganti e prepotenti perché protetti dai potenti di turno; di coloro che, privi di umanità ed empatia, calpestano senza scrupolo alcuno leggi [9] e qualsiasi condotta di civiltà e correttezza pur di assolvere al proprio zerbino vassallaggio. Il comportamento di chi non può neanche inchinarsi davanti ai potenti e ai loro amici perché ha donato loro, insieme alla dignità, anche la propria spina dorsale. E non può fare altro che strisciare.
FONTI e note
[5] Quella che segue è una manifestazione di ucronia, ovvero un contenuto nel quale si presentano fatti come potrebbero essere, sulla base di dati oggettivi ma collocati in un tempo irreale, dunque un contenuto che non contiene affermazioni, ma solo ipotesi credibili.