“Prima con uno schiaffo, poi con un calcio…”

Violenza domestica - Stalking

Quando mi avete chiamata ero appena uscita dalla sala operatoria.

Quella che segue è la trascrizione della testimonianza resa in video dalla signora Rossi, relativa a dieci anni di violenza domestica subita da parte del marito, e all’episodio che ne ha decisa la fine. Il video risale al 2011, ed è relativo a un fatto che è sempre rimasto nella sfera privata. Comunque, dato che, secondo me, il diritto alla privacy prevale sempre su quello dell’informazione, oltre ad avere usato (è ovvio) per la signora un cognome che non corrisponde a quello reale, ho modificato qualche informazione e omesso qualche altra, sempre nel rispetto della restituzione corretta della storia.

Operatrice: Signora Rossi, qual è la sua storia? Quando l’abbiamo contattata, qual era il suo contesto in quel momento?

Signora Rossi: Quando mi avete chiamata ero appena uscita dalla sala operatoria. Mi avevano operato al naso perché avevo numerose fratture causa un pugno sferratomi dal mio ex marito, che non è ancora del tutto ex perché [cita la data di inizio del processo]. Ed ero in fase di risveglio dall’anestesia.

Io sono stata sposata dieci anni con questa persona. Che era una persona splendida. Nella sua normalità, era una persona tranquilla e serena. [Cambia, spiega, quando abusa di sostanze].

Durante il nostro matrimonio, abbiamo avuto due figli. Poi, col tempo, prima con uno schiaffo, poi con un calcio eccetera, è andata a finire un po’ a rotoli, per il fatto che ogni litigio, ogni discussione, ogni altre cose, si arrivava alle mani, senza considerare che c’erano i bambini che assistevano alla situazione.

Era poi una persona con la quale avevo vissuto dei bei momenti, ai tempi. Ai tempi? Sei mesi, poi i bei momenti sono svaniti. Però prevalevano su tutti questi anni brutti, non so perché.

Forse perché non volevo ammettere un mio fallimento. Determinate cose non mi lasciavano mollare, e pensavo di poterlo aiutare. Ma poi, per aiutare lui, ho perso la salute e la cognizione che dovevo aiutare i miei figli prima di lui.

Io psicologicamente non ero a terra, lo ero di più. Anche perché io non volevo mollare, nonostante subissi botte, nonostante fosse intervenuta più volte la polizia. Ma, non partendo alcuna denuncia, rimaneva giusto la segnalazione.

Nell’arco di questi dieci anni ho provato varie volte a staccare la spina, a mollare, per vedere se c’era un cambiamento da parte sua. Ma io, da stupida, ci ricascavo. E lui, col fatto che gli davo questa conferma e ci ritornavo, peggiorava ancora, sempre di più.

Poi, l’ultima volta, che è stata quella recente, dove io ho detto “basta, non funziona più ci abbiamo provato cento volte, andiamo via da questa casa”, perché non erano tranquilli neanche i miei figli. Il grande ha avuto il coraggio di dire “andiamocene”.

Anche perché, ogni volta che ritornavo, sentendo parlare dei figli lui diceva “Io parlo con Gesù”, “Io parlo con Dio”. Quelle parole mi davano l’input per dire “Riproviamoci, perché no?” Invece no. Ho solo danneggiato di più i miei figli.

E anche lui era d’accordo, perché è arrivato a dire “basta, non c’è più niente, siamo arrivati allo schifo”. Così ci siamo distaccati. Però, diversamente da me, che l’ho mollato perché volevo la mia famiglia, lui era tentato, era ossessionato da me. Fino a che ha cominciato a perseguitarmi, nonostante non ci volessimo più tutti e due.

Però aveva questa cosa di possessione, diceva “tu sei mia, ma non ti voglio, ma sei la madre dei miei figli e devi fare quello che dico io e devi riuscire ad andare d’accordo con me.”

Cioè, io, se stasera volevo andare a bere un aperitivo con mia cugina, con amici, non era possibile. Perché se lui mi beccava in giro, io rischiavo botte, rischiavo minacce. Non vivevo più perché mi sentivo perseguitata.

A giugno, dopo che eravamo con la mia famiglia e la sua famiglia a un evento importante per nostro figlio, il saggio di fine anno. Serata bellissima, straordinaria, bambino felicissimo perché, nonostante la situazione, c’era la famiglia del papà e quella della mamma. Poi non so, lui quella sera ha abusato della sua normale dose, e ha viaggiato con la sua mente malata. Chissà quali idee si era fatto e ha cominciato a tampinarmi con chiamate, minacce…L’ultima minaccia è stata “domani vengo a prendermi le bambine e me le porto un po’ da me”. E io, alle quattro del mattino, ho detto “va bene”.

Lui aveva capito che non ero in casa, che ero uscita. I bambini erano a casa dei miei genitori, che erano il punto di riferimento dopo di lui, dopo di me. La mia famiglia, non la sua. Quindi i miei bambini avevano come seconda mamma mia mamma.

Visto che la minaccia era di venire a prendere i bambini, io, per calmare un po’ le acque, gli ho detto “va bene, sono anche i tuoi figli, se vuoi venire vieni”.

È venuto alle cinque del mattino a casa dei miei genitori, messo come era messo, in uno stato pietoso…Mia mamma ha aperto la porta pensando fossimo io e mia sorella. Ha sbraitato contro i miei genitori, insultando me come persona, loro come famiglia, dicendo che si voleva portare via i bambini. Mio padre ha detto “stai tranquillo, che come si svegliano te le porto io personalmente”. Non c’è stato verso. Ha inveito contro mio padre, che è caduto, nonostante sapesse che aveva subito un intervento al cuore, non ha badato a niente. Ha alzato le mani sia a mio padre che a mia madre e si è portato via i bambini.

È intervenuta l’ambulanza, mia madre piangeva, mio padre era svenuto, lo hanno portato via per l’intervento che aveva avuto, per precauzione. Sono andata direttamente a casa sua, per portarmele via. C’era pure la madre, con la quale c’erano stati buoni rapporti fino a quella sera. Non c’è stato verso, alla fine lui mi ha sparato un pugno in faccia, il sangue non si fermava più. È arrivata l’ambulanza, è arrivata la polizia. Sono andata via con l’ambulanza e con la conferma del poliziotto che i miei figli se ne sarebbero andati via con mia sorella.

E, mentre ero nell’ambulanza, lui, nonostante tutto, mi chiamava per sapere come stavo!

[Nel momento delle riprese stava per iniziare il processo che avrebbe portato anche al divorzio dal marito].

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