Social mafia

Social mafia

Si parla di linguaggio mafioso ogni qual volta sentiamo qualcuno parlare per allusioni o formulare minacce in modo larvato o implicito [1]

Altre caratteristiche del linguaggio mafioso indicate nello stesso articolo sono:

Linguaggio implicito;

Utilizzo di termini non diretti e non trasparenti;

I significati sono lasciati intravedere, mai mostrati in modo chiaro;

Linguaggio metaforico, fortemente allusivo e mai esplicito.

Salvatore Di Piazza, in Mafia, linguaggio, identità [2] sintetizza tutto ciò con l’espressione obliquità semantica, “ovvero la tendenza ad utilizzare termini semanticamente obliqui, non diretti o trasparenti, ma che facciano intravedere i significati, senza però mostrarli chiaramente”.

In questo contesto linguistico, le menzogne non vengono espresse in modo esplicito ed evidente, ma sono rappresentate da “espressioni verbali inserite all’interno di una cornice di vaghezza semantica”.

Rifacendosi a Greimas e Courtés, Di Piazza distingue tra l’implicito e il non detto:

il non detto riguarda l’intero contesto comunicativo, quindi sia l’insieme degli enunciati che l’implicito;

l’implicito “si compone sia dei tratti paralinguistici, come per esempio, la gestualità, la corporeità in genere, sia di tutto ciò che non viene esplicitamente detto ma che può essere inferito dal contesto, linguistico ed extralinguistico” [3].

Queste dinamiche proprie della comunicazione mafiosa, caratterizzate dall’obliquità semantica, proprio per la loro natura e forma ambigua e velata, possono essere utilizzate in modo flessibile, e riguardare diversi contesti. Uno di questi è l’ambito processuale, o, più in generale, giudiziario.

In quella enorme arena simbolica che è un processo, in cui si susseguono strategie di discredito e rituali di degradazione, Contorno, sulla cui prassi linguistica torneremo successivamente, sa bene come mandare messaggi di discredito e sa bene che saranno intesi e decriptati [4].

In questo caso l’obliquità semantica mafiosa è utilizzata per influenzare in vari modi il processo.

Anche i discorsi metaforici o allegorici hanno lo stesso vantaggio della revocabilità o cancellabilità di cui abbiamo parlato a proposito degli impliciti. La metafora, infatti, anch’essa non dice esplicitamente, allude, crea circuiti interpretativi che molto spesso sono abbastanza delimitati da produrre nell’ascoltatore il senso che chi parla vuole trasmettere, ma che, tuttavia, possono comunque essere smentiti. È assolutamente significativa, per esempio la difesa di Guttadauro a proposito di discorsi avuti con la moglie durante dei colloqui e per lui compromettenti: “Erano discorsi metaforici […] erano discorsi che uno fa così, a livello metaforico” [5]

Insomma, l’obliquità semantica mafiosa rappresenta una sicura protezione da possibili implicazioni giudiziarie in merito ad affermazioni, anche gravissime agli occhi dei più, in quanto sono “discorsi metaforici”.

Dunque, abbiamo visto come, attraverso l’ambiguità linguistica, installata all’interno dello spazio espressivo della comunicazione non verbale, la comunicazione mafiosa divenga molto influente, potente ed efficace.

Vediamo adesso le principali caratteristiche delle due aree che vengono a comporre l’obliquità semantica mafiosa ma che rappresentano delle dinamiche che ognuno di noi mette in atto nella sua vita quotidiana.

P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, in Pragmatica della comunicazione umana [6], descrivono le differenze di comportamento tra il sistema nervoso centrale e il sistema umorale.

Sistema nervoso centrale. “Le unità funzionali (neuroni) ricevono i cosiddetti pacchetti quantici di informazione tramite elementi di giunzione (sinapsi). Arrivando alle sinapsi questi ‘pacchetti’ producono potenziali postsinaptici eccitatori o inibitori che il neurone accumula e che ne eccitano o inibiscono lo scatto. Questa parte specifica dell’attività del neurone (che consiste nel verificarsi o meno del suo scatto) trasmette quindi informazione numerica binaria” [7].

Sistema umorale. “Il sistema umorale non si basa sulla numerizzazione dell’informazione: è un sistema che comunica liberando quantità discrete di sostanze specifiche nella circolazione del sangue” [8].

Il punto decisivo è poi questo:

I moduli di comunicazione intraorganica umorale e neuronici non soltanto coesistono, ma sono reciprocamente complementari e dipendono l’uno dall’altro in modi spesso molto complessi [9].

Da quanto sopra deriva la distinzione tra comunicazione digitale (numerica), verbale e comunicazione analogica, non verbale. Vediamo le loro principali caratteristiche, considerate in generale.

Comunicazione digitale. Verbale. Basata su convenzioni: “Le parole sono segni arbitrari che vengono manipolati secondo la sintassi logica della lingua” [10]. Di origini relativamente recenti e con una forte componente di astrazione. Fondamentale per scambiare informazioni sugli oggetti, dunque sui contenuti. “Ha un grado di complessità, di versatilità e di astrazione molto più elevato di quello analogico” [11]. Presenta precisi concetti logici e altrettanto precisi riferimenti spazio-temporali. L’aspetto della convenzione condivisa e le altre componenti la rendono chiara e non ambigua. Dal punto di vista emotivo è poco coinvolgente.

Comunicazione analogica. “Deve includere le posizioni del corpo, i gesti, l’espressione del viso, le inflessioni della voce, la sequenza il ritmo e la cadenza delle stesse parole, e ogni altra espressione non verbale di cui l’organismo sia capace, come pure i segni di comunicazione immancabilmente presenti in ogni contesto in cui ha luogo una interazione” [12]. “Ha le sue radici in periodi molto più arcaici della evoluzione e la sua validità è quindi molto più generale del modulo numerico” [13]. Prevale nettamente quando l’aspetto fondamentale è la relazione e non il contenuto. Attraverso essa è difficile, se non impossibile, trasmettere concetti astratti, logici e con precise indicazioni spazio-temporali.

Viste le differenze tra i due tipi di comunicazione, “l’uomo ha la necessità di combinare questi due linguaggi (come trasmettitore e come ricevitore) e deve costantemente tradurre dall’uno all’altro” [14].

Risulta chiaro come l’obliquità semantica sia in grado di ribaltare le caratteristiche abituali della comunicazione digitale. In questo modo, unita alla potenza emozionale e di per sé ambigua della comunicazione analogica, fondata sulle varie manifestazioni del non verbale (“La gestualità è molto importante” [15]), la comunicazione mafiosa può assumere un impatto e una influenza devastante e difficilmente arginabile.

Prendiamo tutto quanto visto, trasferiamolo sui social media e l’idea di quanto questo impatto e questa influenza possano essere moltiplicati, diffusi e pervasivi.

Ci troviamo, infatti, di fronte a “una mafia che nel corso dei decenni ha saputo adeguarsi ai nuovi scenari sociali, alle nuove forme di comunicazione, per così dire ‘moderne’ (social network, in primis) senza mai abbandonare quel tratto intimidatorio e criptico che da sempre l’ha caratterizzata” [16]. Ovvero: “Il messaggio mafioso 2.0 si è evoluto, ma trasmette la stessa informazione adattandosi ai moderni sistemi in uso” [17].

Ma il punto decisivo è il seguente (dato anche che questo blog non si occupa di mafia). Un articolo del 2017 ma ancora del tutto valido, almeno nelle parti più importanti, sottolinea come, in Italia, dilaghi, negli organi di informazione, un asservimento a vari poteri che porta a fenomeni di scorrettezza, falsità, menzogne e corruttele.

Siamo nell’ epoca dei “pennivendoli”, pseudo-giornalisti che hanno “venduto la loro penna” e la loro anima, persone che da semplici narratori sono diventate un’arma pronta a fare fuoco sull’obiettivo indicato da chi li finanzia [18].

Mediavendoli” forse sarebbe più aderente all’attuale situazione, ma il senso è chiaro e inequivocabile.

Se trasferiamo gli strumenti della comunicazione mafiosa a un contesto a essa estraneo (si spera) come quello di questi “pseudo-giornalisti”, che però hanno, agli occhi dell’opinione pubblica, autorevolezza, possiamo farci un’idea di quanto ciò possa essere pericoloso per le regole della civiltà e della democrazia e di quanto ciò possa rappresentare uno strumento potente per la manipolazione – strumentale, mirata e spesso ai limiti o oltre della legalità – di questa stessa opinione pubblica.

Fonti

[1] https://www.ilsicilia.it/il-linguaggio-mafioso-come-strumento-di-identificazione-di-gruppo/

[2] [3] [4] [5] Salvatore Di Piazza, Mafia, linguaggio, identità, Centro di studi ed iniziative culturali Pio La Torre

[6] [7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio

[15] [17] https://ilformat.info/2018/03/17/linguaggio-del-perfetto-mafioso-dai-pizzini-ai-social/

[16] https://ecointernazionale.com/2018/05/19/come-la-mafia-parla-scrive-comunica-il-linguaggio-mafioso-di-giuseppe-paternostro/

[18] https://www.jedanews.com/giornalisti-e-pennivendoli-corrotti/

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