Storie
Nella tarda sera del 23 ottobre 2019 Luca Sacchi viene ucciso. Questo fatto, genera storie. Ma una sola si impone su tutte le altre, già narrate o ancora da scrivere. Inizia il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari: è indegno accostare Luca Sacchi all’idea di un drogato, afferma riferendosi a una frase del Capo della Polizia Gabrielli, frase smentita dallo stesso Gabrielli. Ma qui non importano i rapporti tra Gabrielli e Lega. Quello che spicca, l’elemento interessante, è questa difesa appassionata da parte di un personaggio politico di spicco, nei confronti di un cittadino come tanti. Il quale, prima della tragedia che lo ha colpito, era ignoto al pubblico. Si suppone lo fosse anche a Molinari, non possiamo saperlo. Possiamo solo notare che la difesa di Molinari ha riguardato direttamente e unicamente solo Luca Sacchi. Prendiamo ciò come una specie di Prologo…
Così ha inizio una storia che possiamo intitolare Luca è innocente, lui non c’entra niente. A narrarla, la famiglia Sacchi, per il cui dolore non può che esserci che cordoglio e totale rispetto. Il titolo citato rappresenta la rilevazione di un dato di fatto, confermato da una serie di contenuti mediatici nei quali viene in vario modo elaborato e trasmesso questo unico punto di vista. Contenuti che coprono tutto il periodo nel quale si racconta questa vicenda. Periodo che è ancora in corso. La critica è dunque rivolta a tutti quei media che, in modo metodico, parziale e consapevole, hanno realizzato e diffuso contenuti basandosi solo su un’unica fonte, per di più relativa a una parte in causa.
Ma ecco che subentrano altri elementi, che formano una nuova storia. Si tratta delle intercettazioni telefoniche di Valerio Del Grosso e Paolo Pirino (qui, qui, qui, qui e…basta cercare su Google). La storia che emerge, è quella della decisione di effettuare una rapina, recuperando una pistola e utilizzando una mazza da baseball. Luca Sacchi e la sua fidanzata, Anastasiya Kylemnlyk, dunque, sono stati aggrediti a scopo di rapina. Lui ha cercato di difenderla, ed è stato prima colpito con la stessa mazza usata contro Anastasiya, poi ferito con un colpo di pistola, che ne causerà poco tempo dopo la morte.
Intanto, in questo intreccio di storie solo agli inizi, arriva la pm Nadia Plastina. Raccoglie una serie di elementi: intercettazioni, esiti dell’autopsia, varie testimonianze, referto medico relativo ad Anastasiya, mazza da baseball eccetera eccetera. Li studia, li analizza, ci si immerge dentro e alla fine riemerge con l’Ordinanza di custodia cautelare, dove viene ricostruito quanto accaduto quella tarda sera di ottobre, riconfermando in un testo chiaro e di semplice comprensione la dinamica dell’aggressione ad Anastasiya e Luca, sfociata nell’omicidio di quest’ultimo. Sempre in questo testo, viene ipotizzato il coinvolgimento di Luca Sacchi nella compravendita di droga, pur prendendo atto che risulta non esserne un consumatore. Si cita anche l’episodio, avvenuto quello stesso ottobre, nel quale Luca Sacchi insieme al suo amico Giovanni Princi e a un pregiudicato per droga, sono stati fermati nel corso di un controllo dei Carabinieri (controllo che non ha portato ad alcun sequestro di droga). Anastasiya non c’era.
Ora, la storia contenuta in questo testo, intitolato Ordinanza di custodia cautelare, dovrebbe essere il punto di riferimento per dei media che vogliano fare – come sarebbe loro dovere – un’informazione documentata e obiettiva. Invece no. Continua a dominare e a diffondersi la storia raccontata e sviluppata dalla solita fonte. Al contrario di quanto affermato (come ipotesi) nell’Ordinanza di custodia cautelare, Luca rimane “innocente e del tutto estraneo”. Anzi, qualcosa cambia. Il titolo della storia diviene l’Angelo e il Diavolo. Dove l’Angelo è Luca e il Diavolo Anastasiya. L’interesse sulle due persone indagate per l’omicidio è minimo, vicino allo zero. Certi media diventano gli entusiasti portavoce della storia l’Angelo e il Diavolo. Storia che, per essere efficace, deve portare sempre più odio e disprezzo verso Anastasiya.
Cuore e Odio. Funziona così. Il media pubblica nel suo spazio web un contenuto. A volte riguarda solo Luca, stimola il cuore, la parte emozionale e basta. L’odio addosso ad Anastasiya arriva solo coi commenti. Altre volte, nello stesso contenuto, c’è il cuore e qualcosa che, in modo più o meno ambiguo o diretto, rifomenta per l’ennesima volta l’odio contro Anastasiya. Col tempo, questi commenti vengono sempre di più a creare delle microstorie, ispirate da contenuti realizzati sulla base della solita e unica fonte, da media che, in questo modo, dimostrano un feroce disprezzo per quel principio di terzietà, al quale invece avrebbero il dovere di attenersi. Sono microstorie volgari, crudeli, ignoranti, ottuse. Ma servono alla causa: l’odio si fa sempre più diffuso e imponente, più netta la separazione tra l’Angelo e il Diavolo.
Poi arriva un nuovo testo, che dovrebbe rappresentare una fonte di riferimento per i media: la Richiesta del Pubblico Ministero di Giudizio Immediato. Qui viene riconfermata in modo ancora più chiaro la dinamica dell’aggressione che porta all’omicidio. Gli stessi coniugi Sacchi, in tre circostanze l’una vicina all’altra, confermano la ricostruzione contenuta in quel testo ma riprendono comunque ad andare contro Anastasiya, “responsabile morale”, secondo loro, di quanto successo.
E così, via di nuovo al solito gioco dell’Angelo e il Diavolo e allo scatenarsi dell’odio.
Poi arriva il coronavirus.
Si posticipa il processo.
Poi si ha la nuova data del processo.
E arriva il servizio di Quarto Grado con protagonista (lo scrivo in senso neutro) la mamma di Luca. Un servizio costruito sull’emotività e l’assenza di terzietà (come al solito). E, subito dopo esso, ha inizio una ripugnante, crudele, denigratoria, umiliante, offensiva, volgare manifestazione d’odio contro Anastasiya. Sulla quale ci sarebbe molto da dire. Ma non è questo lo spazio.
Adesso è venuto il momento di pensare a un’altra storia. Una storia senza la storia diffusa dai media, la storia raccontata sempre dalla stessa fonte. Adesso è venuto il momento di una storia che si basa solo su dati di fatto e documenti ufficiali. Questa storia racconta che…
Anastasiya vive in una buona famiglia, insieme alla mamma, al papà adottivo e alla sorellina.
Anastasiya ama studiare (tra l’altro, ha conseguito il diploma di Liceo Classico) e lavorare (baby-sitter, segretaria, cameriera, receptionist). Soprattutto ama lavorare con i bambini, sostenendoli nelle varie attività e accompagnandoli durante il loro percorso di crescita o di studi. Il che l’ha, col tempo, portata a sviluppare le sue doti di sensibilità interpersonale e tutto ciò che a essa è collegato. L’espressione sensibilità interpersonale viene dalla metodologia JCA (Job Competence Assessment), da anni punto di riferimento per la valutazione del potenziale e si applica a chi, come Anastasiya, dimostra una forte attitudine verso professioni di servizio e di aiuto. La passione per questo lavoro, e le caratteristiche personali che richiede, la porta anche a partecipare a corsi sul tema, conseguendo i relativi attestati. Il che dimostra un atteggiamento serio e maturo verso quel lavoro, rispetto al quale, oltre a esprimere le sue doti di sensibilità interpersonale, Anastasiya unisce l’aggiornamento professionale al fine di migliorare sempre di più la qualità del suo operato.
Anastasiya è cittadina italiana. È arrivata in Italia all’età di otto anni. Tutti quelli che la definiscono una “poco di buono venuta dall’Est rovinafamiglie” danno della poco di buono a una ragazzina di otto anni.
Un giorno, Anastasiya diviene ospite della famiglia Sacchi.
Passano i giorni…Ma noi restiamo ai dati di fatto.
Luca Sacchi e Giovanni Princi sono amici da lungo tempo. Sono insieme durante quel controllo dei Carabinieri (Anastasiya non c’era) e, circa due settimane dopo, sono insieme la sera della tragedia. Fonte, sempre l’Ordinanza di custodia cautelare già citata e il sito che la ospita: tutto pubblico e dunque fruibile da chiunque.
L’autopsia conferma l’aggressione. Anche in questo caso, basta un click, è tutto pubblico e dunque fruibile da chiunque.
Le intercettazioni (vedi sopra) confermano la ricostruzione fatta dalla pm Nadia Plastina: aggressione a scopo di rapina sfociata in omicidio.
Le intercettazioni emerse durante il processo (18 maggio) rafforzano l’ipotesi della pm Nadia Plastina: Luca Sacchi era verosimilmente coinvolto. Il fatto di minacciare Anastasiya di “menarla” lo fa apparire in un ruolo di forza e autorità. Anche se non è evidente la situazione alla quale si riferisce. In ogni modo, il tema del “menare”, per un giornalismo non schierato, potrebbe essere degno di interesse, per delineare meglio i ruoli e le dinamiche in gioco.
Fine (per ora).
Adesso, vediamo un po’ meglio come funziona la dinamica dell’Odio contro Anastasiya, e alcune sue possibili conseguenze.
La Formula dell’Odio
Contenuto in cui prevale nettamente la componente emotiva, relativa alla morte di Luca Sacchi + Contenuto apparentemente informativo in cui entra in gioco Anastasiya. E gli odiatori cominciano ad attaccare. [Quindi, specifico: la definizione di “Formula dell’Odio” non si riferisce a una intenzionalità di chi produce il contenuto – se affermassi ciò uscirei dal campo dei dati di fatto per entrare in quello delle opinioni personali – ma agli effetti che questo contenuto produce sugli odiatori].
Odio narrativo
La massa degli odiatori, con i loro commenti, genera, probabilmente in modo del tutto spontaneo, una narrazione che si rinnova e si rafforza a ogni pubblicazione di contenuti basati sulla Formula dell’Odio. Questi commenti e le narrazioni che generano, da un punto di vista tecnico, fanno parte del contenuto pubblicato dalla Pagina Facebook o dal sito web. Al tempo stesso generano narrazioni. In modo ignorante, volgare, aggressivo e altro, ma narrazioni. La domanda, non retorica, è: queste narrazioni sono indipendenti dal contenuto che commentano o, insieme a esso, formano un’unica narrazione, giocata su differenti livelli comunicativi e semantici?
Geolocalizzazione dell’Odio
Non ho fatto ricerche particolari, ma sono sicuro che un certo numero di odiatori abitino a Roma o comunque in zone vicine. Questi odiatori hanno, immagino, degli amici coi quali ogni tanto parlano del caso Sacchi e delle loro opinioni su Anastasiya. Molti di questi amici, suppongo, condividono le opinioni dell’odiatore, si caricano emotivamente, gli danno ragione. Non pubblicano commenti d’odio contro Anastasiya ma, parlando con l’amico odiatore, hanno cominciato a odiarla anche loro. Insomma, contro Anastasiya non c’è solo l’odio che si esprime nel web, ma anche una concreta e prossima odio localizzato. Quante persone, che incrocia per caso nella vita di tutti i giorni, pensano che sia una “tr.ia dell’est”? Quante pensano che meriti “una lunga vita piena di sofferenza e tortura”? Quante pensano “faremo di lei mangime per i porci”? (cito commenti testuali, ho solo troncato l’insulto)
Quanto questo odio può influire sui processi decisionali di una o più persone? Quanto questo odio può influire sul processo?
Epilogo
Qui mi fermo, e lascio l’Epilogo a Gustave Le Bon, il quale, nel 1895, nel saggio Psicologia delle folle descrive in modo preciso la natura degli odiatori. Basta sostituire questo ultimo termine a “folla”.
“Nelle folle, l’imbecille, l’ignorante e l’invidioso sono liberati dal sentimento della loro nullità e impotenza, che è sostituita dalla nozione di una forza brutale, passeggera, ma immensa.”
“Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti di argomentazione.”
“L’esagerazione delle folle si basa soltanto sui sentimenti, e in nessun modo sull’intelligenza.”
“Le folle, non conoscendo che i sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco le opinioni, le idee, le credenze che vengono suggerite loro, e le considerano come verità assolute o come errori non meno assoluti.”
“La folla, accanendosi lentamente su una vittima senza difesa, dà prova di una crudeltà vilissima.”